Secessione, dal divisionismo al futurismo, alla Gnam

di Romano Maria Levante

La mostra “Secessione e Avanguardia  – L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915” presenta alla Galleria Nazionale di Arte Moderna, dal 31 ottobre 2014 al 15 febbraio 2015,   170 opere di artisti del movimento della “Secessione”, da quelli stranieri delle secessioni di Vienna e Monaco, francesi e spagnoli, a quelli italiani su cui hanno avuto evidenti influssi  a Venezia e Roma, poi a Firenze, Napoli, Milano. La mostra è a cura di Stefania Frezzotti, Catalogo Electa.

Abbiamo già raccontato  le prime 7 sale della mostra,  partendo dal 1905 e anni precedenti all’insegna del Realismo sociale con il lavoro in primo piano; poi i primi contrasti della Secessione con le Accademie, il rifiuto di esporre loro opere e la “Mostra dei Rifiutati”. Un’appassionante cavalcata tra stili e contenuti,  in particolare il simbolismo poi il divisionismo con i filamenti e l’espressionismo deformante delle sculture peraltro di ispirazione classica, anzi michelangiolesca. Proseguiamo la rassegna con le ultime 8 sale della mostra, fino al grande approdo al futurismo.

La secessione romana, artisti italiani ed espositori  stranieri

Nell’8^ sala troviamo ancora il divisionismo tra i promotori della secessione a Roma, i  temi sono mondani e borghesi, intimi e sensuali. 

Di Noci è esposto “Riflessi d’oro”, 1905. E di Innocenti  “In ritardo”, 1910, che richiama Degas, di TerziMattino d’estate”, 1013, di Boldini  “Ritratto  della marchesa Casati con piume di pavone”, 1914,  una  Nike con gli inestricabili viluppi delle linee che rendono il fremito di vita.

Innocenti, che alla Biennale di Venezia del  1909 aveva avuto  per sé un’intera sala con esposte 20 opere,  riuscì a portare gli artisti francesi alla  mostra della Secessione del 1913.  Terzi, che era illustratore oltre che pittore,  fece anche grafiche e copertine dei cataloghi secessionisti.

Nel 1913 nasce il “Gruppo moderno italiano” con  Oppo, Costantini e Melli, del quale vediamo  esposto “La Ridente”. C’è anche  “La moglie del marinaio”, 1912, di Viani, in uno stile d’avanguardia  definito “espressionismo visionario”, immagine scura impressionante con  dei simboli nello sfondo dorato . Il gruppo non fu molto attivo, ma con la Grande Guerra vi  entrarono  Carena,  Bertoletti e Spadini, di cui è esposto “Bambini con ventaglio”.  Opponel 1915 divenne  leader della Secessione, era tradizionalista senza eccessi, mentre Spadini spicca per la sua autonomia rispetto agli stranieri.

Nella 9^ sala ci sono gli esponenti del rinnovamento artistico  assenti all’Esposizione internazionale del 1911, che nella mostra dei secessionisti del 1913 furono presenti in forze,  erano rappresentati gli impressionisti francesi, in una sala apposita, e le altre tendenze  emergenti: vediamo, di Bonnard “Le Déjeunner”, 1899, di Valloton “Scène d’interieur”, 1900,  di Van Dongen “Le doigt sur la joue”,  1910. E poi Vuillard e i celeberrimi Matisse e Cezanne.

Per la scultura  alla secessione romana fu presente Bourdelle  collaboratore di Rodin e di Libero Andreotti  che si inserì nell’arte parigina  influenzato dallo stesso  Bourdelle, ne vediamo alcune opere; come vediamo “Nautilus”, 1911, di Lerche, dai vetri artistici, e le sculture animaliste di Bugatti, che interessavano la Secessione. 

Dopo la prima esposizione, con Cèzanne  venne superata la visione impressionista per una solida architettura  di volumi che avrà sviluppi nelle avanguardie.  L’arte russa,  con la mostra del 1914 del “Mondo dell’arte” – stesso titolo  della rivista di San  Pietroburgo –  si apriva all’Europa. Ora  sono esposte opere che richiamano il folklore russo, come quelle di Grabar, pittore e critico  che risente dell’influsso francese, e di Maljavin che punta sul ritorno alla tradizione. .

Siamo alla 10^ sala, è il 1915, Venezia e Roma sono al centro dell’innovazione dell’arte italiana, Melli, pittore e scultore,  influenzato da Boccioni,  Matisse e i fauvisti,  è impegnato nel collegare i due mondi artistici invitando i giovani di Ca’ Pesaro alle mostre romane.

Il maggiore esponente di questo collegamento è Casorati, che a partire dal 1912-13  riceve riconoscimenti dalla Biennale di Venezia e da Ca’ Pesaro: nel 2013 espone in una personale,  poi alla Secessione romana  con il gruppo veneto “Il segno del Melograno”,  e nel 1915 ha una sala per lui  con 14 opere;  nell’attuale mostra vediamo un suo nudo su fondo decorato ispirato a Klimt. 

Delle sculture, presentate nelle mostre della Secessione, troviamo esposte figure primitive, da Arturo Martini  a Melli, e le “Maschere” di Casorati, rosse e nere:  sono tutte allineate.

L’influenza di Klimt e degli artisti francesi e russi sugli artisti italiani

Nell’11^ sala viene  documentata l’influenza sugli artisti italiani di Klimt, che ebbe sale personali alla Biennale Venezia del 1909 e all’Esposizione internazionale di Roma del 1911.  In quelle occasioni lo Stato italiano, per le proprie gallerie d’arte moderna acquistò “Salomè” destinato a Venezia e “Le  tre età della donna” per la Gnam di Roma, che li presenta  nella mostra.

Di Klimt è’ esposto “Il girasole” 1907, dal verde dominante, con  varie  opere  ispirate a lui, dai colori puri e i contorni netti, o con i caratteristici filamenti.  Tra esse, del 1914, “La preghiera” di Casorati, 1914, che recepisce i motivi giapponesi, in  particolare il kimono e la figura stilizzata nel prato fiorito; e “Convegno mistico” di Zecchin, con i motivi  ornamentali del periodo aureo-bizantino dai pannelli decorativi orientali delle mostre di Ca’ Pesaro e della Secessione a Roma.

Ne sente l’influenza anche Cavaglieri nei pattern decorativi in stile giapponese, come si vede nei suoi  “Giulietta nell’atelier di Padova”  e “Vasi cinesi e tappeti  indiani”, che fu esposto nel 1915 a Roma con la critica che si divise tra favorevoli e contrari

Si passa alla 12^ sala, Francia e Russia influenzano le avanguardie, Ardengo Soffici critico e pittore  è impegnato nell’intenso dibattito culturale sulle  colonne della “Voce” e di “Lacerba”.  Dalla Francia si diffondono il cubismo di Picasso e lo stile innovativo di  Cezanne,e Delannoy, dall’Italia  il futurismo  con Marinetti e i suoi seguaci che espongono in varie città europee.Due artisti russi, Archipenko e Aleksandra Ekster, a  Parigi entrano in contatto  con i futuristi italiani,  Boccioni visita il loro studio nel 1912, Soffici lo condivide dal 1911 al 1914. Nel dicembre  1913 apre la galleria Sprovieri a Roma  al Tritone e poco dopo, nell’aprile 1914, espone opere loro e di futuristi italiani:  di  Archipenko  in particolare “Ritratto di signora”.

Le nuove tendenze sono per la scomposizione della forma  e un nuovo rapporto figura-spazio, con velocità e dinamismo, immediatezza e simultaneità; si studiano gli effetti sugli stati d’animo. 

Severini cerca di rendere il dinamismo universale con la luminosità dei francesi, Boccioni si impegna in un nuovo rapporto figura-spazio attraverso il movimento, del 2013 vediamo la scultura  “Antigrazioso”, con il volto della madre scolpito nelle sue pieghe in una scomposizione quasi cubista,  e il dipinto “Cavallo+Cavaliere+ Caseggiato”, dove anche il colore viene usato per dare ritmo alla composizione.

Balla e i Futuristi si staccano dalla Secessione romana , espongono da soli al Teatro Costanzi il 21 febbraio 2013, come fosse una nuova Mostra dei Rifiutati, aperta un mese prima di quella della Secessione, poi anche alla galleria  Sprovieri.

Sperimentazioni su luce e colore portano alle “Compenetrazioni iridescenti” di Balla, , mentre irrompono le forme triangolari: la luce frantuma le forme nel gusto futurista, il senso dell’avanguardia rifiuta l’esistente passatista e va oltre i compromessi della Secessione.

L’avanzata travolgente  del futurismo fino alla brusca cesura della guerra   

Con la 13^ sala si entra in pieno nel futurismo che era avanzato in modo travolgente nei diversi campi dell’arte e della vita, nei quali viene scardinato l’esistente, teorizzando in appositi manifesti il nuovo verbo. Il fondatore Marinetti indiceva anche “serate futuriste” con happening scatenati.

Non più soltanto la mistica della modernità e del movimento, della vitalità e della velocità; si aggiunge l’influsso del pensiero  filosofico di Nietzsche e Schopenaur sulla vita e sulla storia .

A questo pensa Giorgio de Chirico da giovane quando dipinge la “Lotta dei Centauri”, 1909, ispirandosi a Bocklin, per un ritorno all’umanità primitiva. Vediamo l’opera esposta, e il “Ritratto della madre”,1911, immagine rinascimentale con finestra e paesaggio in stile fiammingo, sembra un classicismo contro la  rivoluzione futurista;  ma con “La torre rossa”. 1913, le ombre nette e le arcate nello spazio disabitato, il senso di attesa e inquietudine, si entra nella rivoluzione metafisica.

A questa rivoluzione partecipano anche Carrà e Severini, vediamo i loro dipinti con  manichini inanimati: restano impressi “Ballerina di san Martino” e “Danzante disarticolata”,  vanno verso la disumanizzazione, il non senso della vita dei filosofi. E’ esposto perfino un Morandi metafisico.

Ma il Futurismo è ormai imperante, la sua rivoluzione all’insegna della velocità e del movimento contro ciò che è passatista è inarrestabile. Nella 14^ sala  ne vediamo molti esempi, c’è anche una scultura di Boccioni al centro, “Bottiglia nello spazio”, ben diversa dal già citato  “Antigrazioso”.  

Poi una galleria di dipinti, dalla “Rivolta” di Russolo, 1910,a “Lo spazio della luce” di Severini.  E tanti progetti ispirati al “Manifesto sull’Architettura futurista”  firmato da Sant’Elia,  sulla “Città nuova” secondo una concezione dinamica e avveniristica, all’insegna della funzionalità: complessi abitativi verticali, strade a più livelli, ponti e stazioni, industrialismo e modernità.

Chiattone fa progetti  per il “Palazzo della moda” e  il “Padiglione per concerti”, 1914, sempre nel senso della profonda trasformazione, come  moderne cattedrali:  ne vediamo una spettacolare galleria di profili prospettici in mostra. Depero firma con  Balla nel 1915 il “Manifesto per la ricostruzione futurista dell’universo”: una rivoluzione in ogni aspetto della vita quotidiana, dai mobili agli strumenti di uso comune in chiave dinamica e aperta al divertimento con creatività.

Di Balla vediamo esposti arredi e strumenti musicali, in particolare la “Camera per bambini”, di Depero sculture giocose: arte e vita  unite nella visione moderna del quotidiano.

Nella 15^  sala irrompe il nazionalismo. Non era escluso dall’internazionalismo della Secessione e delle Avanguardie, ma esplode con l’interventismo prima in Africa poi nella Grande Guerra. Il Futurismo era per la riscossa nazionale, considerava la guerra “la sola igiene del mondo”, una vera purificazione. Le manifestazioni interventiste riempivano le piazze, trascinava l’idea di cambiare il mondo rinnovando arte e vita  in senso modernista con la “ricostruzione futurista dell’universo” previa distruzione dell’esistente, a partire dai musei d’arte.

L’interventismo così dilaga e prevale nel 1915, i futuristi sono impegnati nella lotta, lo studio di Balla e la casa di Marinetti a Roma diventano sedi per progettare manifesti, scritte e manifestazioni. Il linguaggio è innovativo e popolare, tra l’orgoglio nazionalista  e l’enfasi pubblicitaria.

I dipinti esposti ne sono testimonianza, in essi la figura umana scompare:  in modo opposto alla metafisica di de Chirico, dove dominava la solitudine negli spazi deserti con ombre nette e piccolissime figure nell’isolamento più assoluto;  e in modo opposto al realismo di Guttuso che dopo la metà del secolo  ritrae la moltitudine in modo scenografico. Le figure non sono neppure  inglobate nella moltitudine fino a divenire indistinte.

Balla  evoca la moltitudine con forme astratte, strisce lineari e curve dal forte cromatismo che si incrociano; lo vediamo in “Dimostrazione XX settembre”e “Forme grido viva l’Italia” ;  Cangiullo  in “Grande folla in Piazza del Popolo”, la evoca  con le “parolibere” futuriste, riempiono la piazza al posto della gente che sostituiscono simbolicamente tra linee spezzate, sono del 1915.

Con la dichiarazione di guerra si interrompono le mostre, sia di Ca’ Pesaro sia della Secessione, l’ultima è la 4^ del 1916, che si svolge in sordina nel Palazzo Esposizioni divenuto magazzino militare. I futuristi  vanno volontari al fronte, molti non ritornano e alcuni come Boccioni ne restano fortemente delusi, la vita di trincea ha spento tutti gli entusiasmi con la dura realtà della guerra. .

Termina così il nostro  racconto del decennio di intensissima vitalità artistica  oggetto della mostra, con il superamento morbido della tradizione accademica mediante la Secessione;  e poi con la travolgente ventata futurista iconoclasta nell’arte e nella vita. Finché la tragedia della guerra non ha posto una brusca cesura alla corrente di rinnovamento fino ad allora irresistibile.

Abbiamo raccontato il decennio durante il resoconto della mostra, citando solo una piccola parte delle numerose opere esposte, ben 170,  cercando di renderne  la  sostanza artistica.  Poiché oggetto della carrellata storica sono state le mostre della Secessione è come se si fossero materializzate nella mostra che stavamo visitando. La stessa sensazione la prova il visitatore guidato dai cartelli illustrativi che descrivono in sintesi il contesto in cui si collocano le opere che vi sono esposte.

L’aver potuto ripercorrere nelle 15 sale una simile avventura storica, artistica e umana è stato per noi così emozionante da ritornarci di nuovo  dopo averne approfondito i temi, e la seconda visione è stata altrettanto coinvolgente. 

E’  un esempio da ripetere su come legare opere di tanti artisti con un filo conduttore che evoca arte e storia in una cavalcata  dalla quale  chiunque può trarre motivi di interesse culturale e soprattutto di viva e intensa partecipazione personale.

La Gnam  lo ha già fatto e potrà farlo ancora, il patrimonio di opere esposte nel museo permanente è così  vasto che basta selezionarle, questa volta c’è anche un gran numero prestato da altri musei sulla base di un’accurata ricerca, perciò la  mostra è un’occasione assolutamente da non perdere.

Inutile dire che si ha l’opportunità unica di visitare  anche l’esposizione permanente, una successione di grandi sale con una serie sterminata di opere spettacolari  che lasciano senza fiato. Lo abbiamo detto in un’altra occasione e lo ripetiamo:  si sente veramente cos’è la “sindrome di Stendhal”, tale è l’impatto con  questo straordinario caleidoscopio di eccellenza artistica.

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, Viale delle Belle Arti, 131. Da martedì a domenica ore 10,30-19,30,  la biglietteria chiude alle 18,45, lunedì chiuso. Tel. 06.32298221. Catalogo Electa. Per le citazioni del testo cfr. i nostro articoli: in questo sito per  “De Chirico”  il 20, 26 giugno e 1° luglio 2013, per il Futurismo” il 2 marzo 2014, per “Cézanne” il 24 e 31 dicembre 2013;  in cultura.inabruzzo.it  per “De Chirico” il 27 agosto, 22 dicembre 2009, l’8, 10, 11 luglio 2010, per il “Futurismo” il 30 aprile e 1° settembre 2009.

Foto

In apertura, Balla, “Forme grido viva l’Italia”,  1915; seguono,  Innocenti,  “In ritardo”, 1910, e Boldini, “Ritratto  della marchesa Casati con piume di pavone”, 1914;   poi,  Casorati,  “Maschere”, e Klimt, “Il girasole” 1907;  quindi  Casorati, “La preghiera”, 1914,  e Zecchin, “Convegno mistico”; inoltre  de Chirico, la “Lotta dei Centauri”, 1909, e Russolo, “La Rivolta”; 1910; in chiusura, Boccioni, “Autoritratto”.