Cibo, 90 foto di National Geographic, al Palazzo Esposizioni

di Romano Maria Levante

Al Palazzo Esposizioni dal 18 novembre 2014 al 1° marzo 2015   “National Geographic” presenta  la mostra  “Food . ll futuro del cibo”. 90 fotografie scattate da grandi fotografi in tutto il mondo sulla sfida alimentare. Non è soltanto una mostra fotografica, a differenza delle precedenti di “National Geographic” è corredata da pannelli con  grafici e dati che illustrano la problematica del cibo. Curatore della mostra Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Italia, cui si deve anche il catalogo  rigorosamente fotografico.

 National Geographic, ha sempre prestato  attenzione ai problemi  collegati all’ambiente e alla natura, tanto che dalla costituzione della Società ha finanziato 11.000 progetti di ricerca, conservazione ed esplorazione; e ne ha dato conto con i suoi spettacolari “reportage” fotografici.   Altrettanto fa suo problema epocale dell’alimentazione con questa mostra che segue una serie di articoli, citiamo in particolare quello del maggio 2014 nel quale venivano indicate 5 azioni per risolvere il problema del cibo nel mondo.

Le 5 azioni per risolvere il problema del cibo

La prima azione è ” congelare l’impronta ambientale dell’agricoltura”, formula criptica con cui si intende difendere l’ecosistema dalla deforestazione incontrollata  che viene operata per accrescere le aree destinate alla coltivazione e all’allevamento del bestiame.

Segue “rendere più produttivi i terreni che si coltivano”, e qui ci si riferisce alle possibilità che si aprono con l’uso di tecnologie adeguate per aumentare di molto la produttività delle terre scarsamente produttive in Africa. America Latina ed Europa orientale, dove andrebbe concentrata l’attenzione.

“Usare le risorse in maniera più efficiente” è la terza azione,  per evitare di consumarle in modo improduttivo, ci si riferisce in particolare all’acqua  il cui impiego va ridotto con sistemi di irrigazione più efficienti,  come quello a goccia, e ai fertilizzanti da usare in modo mirato anche con tecnologie avanzate.

La quarta raccomandazione è “cambiare dieta”,  i paesi con diete ricche di proteine animali dovrebbero consumare meno carne perché il 36% dei cibi coltivati alimenta il bestiame e solo il 55% le persone, o carne di  animali  allevati a pascolo e non con cereali;  e  ridurre l’uso di alimentari per produrre biocarburanti.

Un’ultima raccomandazione è “ridurre gli sprechi”, oggi corrispondono al 25% delle calorie e al 50% del peso dei cibi. Nei paesi più ricchi gli sprechi  nelle case e nei locali pubblici, andrebbero ridotti  con porzioni più piccole e il recupero degli avanzi; nei paesi poveri migliorando il passaggio dal coltivatore al mercato.

L’impostazione della mostra tiene conto di questi aspetti cruciali e li evidenzia attraverso tabelle e grafici inconsueti nelle mostre di National Geographic, esclusivamente fotografiche, come del resto il Catalogo nel quale tali elementi informativi non sono riportati, protagoniste sono le sole immagini, sia pure con ampie didascalie esplicative. Inoltre a questi problemi sono rivolte le 9 sezioni della mostra, che li traducono in immagini di celebri fotografi riprese in tutto il mondo secondo la formula di National Geographic.

Hanno un elemento comune tali immagini, la prevalente presenza umana  inserita nel contesto che si vuole sottolineare, siano esse produzioni alimentari , metodi e tecniche,  situazioni ambientali.

Per ognuna di queste sezioni cercheremo di dare una visione d’insieme, pur consapevoli che le parole non possono rendere la forza delle immagini, tanto più se sono così spettacolari ed eloquenti. N efaremo una rapida rassegna, le prime 3 sono  nutrire il pianeta, rivoluzione azzurra, il granaio del futuro; seguono il nuovo volto della fame, l’evoluzione della dieta, la prossima rivoluzione verde; infine rancio gourmet, lo spreco alimentare, come eravamo.

Nutrire il pianeta, rivoluzione azzurra, il granaio del futuro

Per illustrare il tema “nutrire il pianeta”  delle 24 immagini esposte  ben 17 sono primi piani di contadini nelle pose e situazioni più diverse, accomunate dalla evidente gioia per il loro lavoro, non sottolineano la fatca che anzi non appare, in molti casi presentano con fierezza ed orgoglio i prodotti agricoli raccolti o gli strumenti utilizzati.

E  tra le altre 9 immagini solo 2 sono esclusivamente ambientali  senza figure umane.  I fotografi  con più immagini esposte sono  Jim Richardson con 17 foto in Etiopia e Mali, Ucraina e Scozia, Indonesia e Usa,   George Steinmetz con 4 foto in Brasile e Usa.

Il primo si focalizza sui volti dei contadini, ripresi da vicino mentre mostrano i prodotti da loro raccolti, dal mais alle banane, ai pomidoro; il secondo su vaste panoramiche, e quando c’è la figura umana mostra  contadini chini nel raccolto o tra le gabbie di un allevamento ripresi da lontano, è prevalente il contesto in cui sono inseriti.

Nelle 9 immagini della “rivoluzione azzurra”   è protagonista l’ambiente marino, a parte la bellissima foto di Richardson, ripresa  in  Bangladesh, con un ragazzo che presenta un catino pieno di gamberi e dietro una rete altri membri della famiglia che li alleva con i pesci in uno stagno traendone anche concime per il riso.

Le altre di Brian Skerry presentano le grandi gabbie galleggianti per l’allevamento dei pesci,   in Panama e in Messico, nelle Filippine, in Canada e negli Usa, la foto di Steinmetz  le gabbie sommerse in Cina.

Mista la galleria del “granaio del futuro”,  10 immagini spettacolari, tutte di Robin Hammond/Panos. Ci sono  i primi piani intensi  di un vecchio dell’Etiopia impegnato in un’agricoltura di sussistenza e di due giovani donne,  una del Ruanda che ha aumentato la resa con semi  e fertilizzanti  di una ONG, l’altra del Mozambico che  ha ceduto il suo piccolo campo di riso a un’azienda cinese. La Cina è molto attiva in Africa in questo settore, nel continente ci sono 2 milioni di cinesi.

E’ stata ritratta anche la contrattazione di un avicoltore cinese nello Zambia, mentre in Mozambico una scena con dei venditori di canna da zucchero. Prevale la visione d’insieme dell’ambiente in scene di pascolo con coltivazioni e allevamenti.

Nuovo volto della fame, l’evoluzione della dieta, la prossima rivoluzione verde

Dal granaio al “nuovo volto della fame”,  questa volta una documentazione a più voci, anzi da più obiettivi. Anche qui 10 immagini che mostrano come anche le nazioni sviluppate possono soffrirne.

Di queste 6 riguardano gli Usa, le 3 di Amy Tensing presentano degli interni  di famiglie dove il pasto quotidiano è un problema, ciò avviene persino nel 60% di quelle con uno che lavora Stephanie Sinclair mostra il “deserto alimentare” pur nel regno dei fast food e il magro pasto arrangiato sul desco, la foto di Kitra Kahana fissa in un primissimo piano il volto di una bimba a lato di un piatto con un sandwich che si è procurato, viene spiegato che una fila di auto è in coda per ricevere un po’ di cibo, paradosso evidente ma vero. 

C’è anche l’Italia in 2 foto di Antonio Politano sulla mensa della Caritas e l’assistenza a chi ha fame della Comunità di Sant’Egidio a Roma. Altri due fotografi ci danno immagini di un modesto pasto solitario, Gerd Ludwig riprende un uomo  in Russia, Tomasz Tomaszewski una donna sopravvissuta allì’Olocausto in Polonia. 

Dalla fame all’ “evoluzione della dieta”,  un accostamento di opposti come tra il granaio dell’Africa depressa e la fame dell’occidente sviluppato.  Le 15 immagini esposte sono tutte di Matthieu Paley: ritrae i in Bolivia e Tanzania i raccoglitori e cacciatori che camminano molto i mantenendosi snelli, poi documenta diete con miele in Tanzania, carne e fegato di foca in Groenlandia, olio d’oliva in Grecia,  solo pesce in Malaysia alternando straordinarie panoramiche  a  primissimi piani di volti e anche di cibi, veramente spettacolari.

“La prossima rivoluzione verde” è documentata  da 11 foto, di cui 9 di Craig Cutle. Due scattate nelle Filippine riguardano il riso, per il quale nel 1986 ci fu  la rivoluzione verde, il riso IE8 prodotto a seguito di ricerche dell’Istituto internazionale del riso raddoppiò  i raccolti; una nuova varietà di riso, IR64 Sub 1 può mantenersi anche sott’acqua, quindi è protetta dalle alluvioni, lo documenta la foto bellissima di un acquario che sembra un quadro, con gli arbusti e i pesci in primo piano.

Sono varietà frutto della ricerca scientifica, questa attività è documentata a sua volta da una serie di immagini nei laboratori del Maryland del Colorado, del Kansas City e alla Monsanto: strumenti scientifici, piante geneticamente modificate per produrre antibiotici di difesa,una  banca di semi con il suo “tesoro genetico” e un operatore tra due lunghi scaffali.

Una persona dà vita anche alle altre due foto non di Cutle, sono di Richardson che abbiamo già visto in precedenza; ritraggono una banca di semi nello Iowa e delle celle  criogeniche in Colorado, hanno un sapore pittorico per l’inquadratura, nella prima un senso di magia, la seconda è spettacolare.

Rancio gourmet, lo spreco alimentare, come eravamo.

 Sono le ultime 19 fotografie, di cui solo 4  di attualità, le altre sono un viaggio nel passato.

“Rancio gourmet “ si riferisce alle “razioni di campo” militari  per le quali di recente negli Usa c’è stata una svolta nel senso che è migliorata la qualità e la varietà ponendole al livello di quelle francesi che in Afghanistan fino a poco tempo fa valevano sei volte quelle americane nei baratti tra soldati.

 Dovrebbero essere equivalenti in valore nutritivo ma differenziate a seconda delle abitudini alimentari e delle tradizioni. Ashkey Gilbertson visualizza tutto questo con 2 foto comparative tra la razione statunitense e  quella russa, italiana, giapponese,  australiana; sono viste nella confezione esterna e aperte dall’alto pronte per il pasto.

Anche qui un altro accostamento di opposti, infatti segue lo “spreco alimentare”, l’opposto delle preziose razioni da conservare gelosamente. Lo documentano 2 bellissime immagini simboliche di Paulette Tavormina: una natura morta fotografica, alla Brueghel, siamo a New York, i prodotti freschi di Manhattan vengono da lontano, a volte da 15.000 chilometri,  mentre si dovrebbero consumare prodotti locali per evitare gli sprechi;  questi sono documentati direttamente in un interno spettacolare con una famiglia schierata tra cataste di alimenti che rappresentano quanto la famiglia media spreca  ogni anno.

Termina così la documentazione fotografica dell’attualità, ma la carrellata comprende anche “Come eravamo”,  sono 15 fotografie che spaziano dall’anteguerra, 1929-30 e 1944, agli anni ’50 e ’70, una è del 1994.

Quattro sono scattate in Italia, Louis Marden nel 1955 riprende in Sicilia una serie di piatti con polpa di pomidoro che si asciuga al sole e una deliziosa bimba  intenta a mescolare, e a Mondello nel 1955 un uomo con un ragazzo che mostrano un polpo bollito; lo steso fotografo  riprende nel 1941 un trasporto di semi di caffè con dei carrelli nel  Salvador e un trasporto di due grandi tonni sulle teste di due pescatori uno di fronte all’altro le cui mani si incrociano a Santa Lucia,  nonché  cinque donne sedute in un mare di noci di cocco  a lavoro per aprirle a Panama. 

Le altre foto “italiane” sono di William Albert Allard  che ritrae  le cassette con il pesce a Palermo nel 1994,  e di Anthony Stewart  con un uomo davanti alla sua “Osteria della ciccia” a Genova nel 1945.  E di Jonhatan Blair che in Sicilia nel 1976 fotografa un pranzetto su una spiaggia affollata inondata di sole.

C’è anche una foto di Jules Gervais Courtellemont, di cui si ricordano ampi reportage sull’Italia, qui invece ritrae tagli di carne in vendita ai mercati generali a Parigi, è luna delle due più  lontane nel tempo, risale al 1929; l’altra, dello stesso anno, è di Edwin L. Wisherd, due donne vendono peperoni sottaceto e salsa.  Di quest’ultimo un’immagine del 1930 in Usa, a New Orleans, cinque ragazzi con grandi fette di anguria, le mangiano con avidità. Ripensiamo ai quadri con le angurie di Renato Guttuso e di Georgia Oì Keeffe nell’ultima parte della loro vita,  per entrambi esprimevano vitalità, erano il segno della loro reazione.

Il messaggio della mostra

Ed è proprio questo il messaggio della mostra, l’esigenza di reagire alla sfida dell’alimentazione che National Geographic vede come cruciale non solo per gli individui e le nazioni più povere, ma per l’intera umanità:  “il futuro del cibo” è una “sfida globale”, sono questi i titoli delle note del direttore dell’edizione italiana della a rivista Marco Cattaneo e del capo redattore Marina Conti.

Il futuro del cibo dipende , scrive Cattaneo, dalla “riflessione sul modo in cui produciamo ciò che mangiamo; e su come dovremo agire nel prossimo futuro per promuovere un’agricoltura sostenibile e al tempo stesso garantire l’accesso al cibo a nove miliardi di esseri umani”. Perché è vero che viviamo una fase storica di “opulenza alimentare”; ma l’aumento della popolazione mondiale – 2 miliardi in più al 2050 – e le crescenti esigenze dei paesi in forte crescita, come India e Cina, due continenti con 2 miliardi  e di persone comporterà il raddoppio della produzione attuale. Perciò “mai come oggi siamo preoccupati per l’impatto che l’agricoltura e l’allevamento  hanno sulla salute del pianeta. Per come la nostra produzione di cibo stia impoverendo i terreni, consumando risorse idriche non rinnovabili, minacciando la biodiversità”.

E’ questa la “sfida globale”, su cui insiste la Conti: “Pretendiamo sempre di più dalla Terra, ma l’atmosfera, i mari e i continenti sono gli stessi di quando l’uomo si è evoluto”. Occorre raddoppiare la produzione alimentare  mentre già oggi “l’agricoltura e gli allevamenti intensivi sono tra i principali responsabili del riscaldamento globale. Inoltre, il deflusso di fertilizzanti e letame devasta i fragili equilibri di laghi, fiumi ed ecosistemi costieri”.

Gli orientamenti della Fao

Come uscire dalla morsa tra domanda crescente di alimentazione e vincoli altrettanto crescenti per l’esaurimento delle risorse e i devastanti effetti ambientali di un loro eccessivo sfruttamento?

Il  direttore generale della Fao José Graziano De Silva ha affermato che non è solo un problema quantitativo: dal 1945 la produzione di cibo è triplicata, e la disponibilità pro capite aumentata del 40% ma ciononostante 800 milioni di persone soffrono la fame nei paesi arretrati, e un  numero molto maggiore è privo degli elementi nutritivi essenziali;  mentre nei paesi avanzati un miliardo e mezzo di persone sono in sovrappeso, esposte a gravi malattie per alimentazione errata. “La nostra sfida non è dunque semplicemente quella di produrre e fornire più cibo, ma di far sì che miglior cibo sia consumato da chi ne ha più bisogno. E dobbiamo farlo in un modo che sia ecologicamente sostenibile per proteggere la capacità delle generazioni future di nutrirsi”, cosa on facile perché “la  nostra ricerca di una produzione più abbondante e proteica ha messo grande pressione sulle risorse naturali”. E cita “terreni degradati, esaurimento delle forniture di acqua dolce, sconfinamento nelle foreste.,  riduzione degli stock ittici e riduzione della biodiversità. Sistemi di allevamento molto intensivi e il massiccio spreco di cibo sono insostenibili.

Di qui le linee di azione. “Diete migliori e una migliore nutrizione” come obiettivo delle politiche alimentari dei vari paesi;  a questo dovrà concorrere “la ricerca agricola” concentrata da un lato su “modi nuovi  e più variati per produrre diete più variate, equilibrate e sane” dall’altro sull’utilizzo più efficiente delle risorse naturali con l’imperativo di “ottenere una maggiore produzione alimentare e di migliore qualità per ogni goccia d’acqua, per ogni appezzamento di terra, per ogni grammo di fertilizzante, per ogni minuto di lavoro”. In tal modo si avrà uno sviluppo sostenibile “con molto meno ricadute negative sul cambiamento climatico, sulla trasmissione delle malattie e sulla salute in generale”. A queste esigenze sono indubbiamente collegate le 5 linee d’azione indicate da “National Geographic” cui si riferiscono le 9 sezioni della mostra.   

Il direttore generale della Fao conclude così la riflessione sulla  “sfida globale” del “futuro del cibo”:  “Tali riforme devono andare di pari passo con gli interventi necessari in materia di sanità pubblica, istruzione, occupazione e protezione sociale: Abbiamo bisogno di coinvolgere in questa trasformazione tutti gli attori chiave coinvolti nei sistemi alimentari – governi, consumatori, produttori, distributori e ricercatori”.  Si attendono ricadute economiche positive, 15 miliardi di dollari per un investimento di 1,32 miliardi in cinque anni, 13 volte gli investimenti da effettuare.  

La 2^ Conferenza sulla nutrizione di Roma e l’Expo di Milano

L’enunciazione di queste linee programmatiche alla presentazione il 18 novembre della mostra di National Geographic,  alla vigilia della “2^ Conferenza Internazionale sulla Nutrizione” apertasi a Roma il giorno successivo, dal 19 al 21 novembre 2014, ne fa un importante strumento comunicativo di una politica dai molti strumenti che deve trovare l’appoggio anche dell’opinione pubblica per avere successo. Tutto questo rientra nella missione della National Geographic Society” dalla sua fondazione nel 1800,  “ispirare, illuminare, insegnare”  con la ricerca e l’esplorazione e  l’impiego dei reportage dei maggiori fotografi del mondo per la divulgazione mediante le immagini.

Un impegno permanente, tale è la sfida del cibo, forse per questo alla presentazione non é stato fatto alcun riferimento all’Expo Internazionale, che  dal 1° maggio 2015 mobiliterà sui temi dell’alimentazione un esercito di studiosi, autorità e milioni di visitatori, e che impegna anche la Fao; si tratta pur sempre di un manifestazione temporanea, della durata di sei mesi, mentre la “sfida globale” non si chiude mai. Per essa “National Geographic”  viene meno alla tradizione di esporre solo gli ingrandimenti fotografici, come detto all’inizio, ma li ha corredati con cartelli fitti di grafici e tabelle basati sui dati e le informazioni della Fao per un approfondimento così inconsueto.

Ce lo ha confermato personalmente il direttore Cattaneo, chissà se anche per altri temi cruciali si seguirà questo nuovo orientamento! Per ora “il futuro del cibo”, visto come “sfida globale”, lo rendeva opportuno, e ci piace sottolineare questa ulteriore prova di sensibilità e di impegno.

Info

Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma. Domenica e da martedì a giovedì ore 10,00-20,00, venerdì e sabato ore 10,00-22,30, lunedì chiuso. Ingresso intero euro 12,50, ridotto euso 10,00, permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo delle Esposizioni. Tel. 06.39967500, scuoler 848082403. info.pde@palaexpo.it.  Catalogo: “Food. Il futuro del cibo”, National Geographic Italia, 2014, pp. 144, formato 22 x 25. Cfr. in www.visualia.it,  i nostri articoli sulle precedenti mostre di National Geographic, in particolare “I colori del mondo”  12 aprile 2011,  “Il senso della vita”    22 marzo 2012,  “I 125 anni di National Geographic”  22 febbraio 2014; e i tre articoli sulla mostra di Steve McCurry, due  il 7 gennaio, il terzo il 17 marzo 2012, con l”afghana girl”  della famosa copertina di National Geographic  rifotografata 20 anni dopo. 

Foto

Le immagini sosno state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra al Palazzo Esposizioni, si ringrazia l’Azienda speciale Expo con National Geographic Italia e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta.  In apertura, Matthieu Paley, Mauga, Malaysia; seguono  George Steinmetz, California, Usa, e Jim Richiardson, Iowa, Usa (a sin.) e Sibi, Mali (a dx); poi Matthieu Paley, Isortoq, Groenlandia orientale, e Jim Richardson, Khulna, Bangladesh, quindi Alessandro Gandolfi, Mortara, Italia, e Stephanie Sinclair, Bronx, Usa; infine Robin Hammond, Dibissa Kebele, Etiopia, e Matthieu Paley, Creta, Grecia; in chiusura, Craig Cutler, Filippine e Kansas, Usa, e Jim Richardson (in basso), Colorado, Usa.