Cina oggi, il crocevia di 12 artisti, al Vittoriano

Romano Maria Levante

 Al Vittoriano, Ala Brasini, lato Fori Imperiali, dal 18 dicembre 2015 al 12 gennaio 2016 la mostra “Crocevia – Arte cinese contemporanea” espone 70 opere di 12 artisti  d’avanguardia la cui impronta personale si innesta sulla tradizione artistica cinese. Con il patrocinio dell’Ambasciata di Cina, della Regione Lazio e di Roma Capitale, su un progetto di Maurizio Fallace, già Direttore generale del MiBact,  di Nicolina Bianchi per “Segni d’Arte”,  e Zhui Shouli (ZhuoShuango), che hanno curato la mostra e il Catalogo, e dell’artista Ma Lin; hanno collaborato istituzioni cinesi. Responsabile della mostra Cristina Bettini, Comitato scientifico con Claudio Strinati, Maurizio Fallace e Alessandro Nicosia.

E’ una mostra inconsueta per l’arte cinese, della quale vengono esposte in genere opere tradizionali, per non parlare dei reperti di una civiltà millenaria, dalla mostra “L’Aquila  e l’Impero”  alle “Tombe cinesi del 2° sec. a. C. di Awangdui”;       ;  al Vittoriano troviamo artisti contemporanei, dopo la precedente “Visual China” con artisti moderni diversi dai 12 odierni.

La mostra è molto istruttiva,  in quanto presenta un panorama significativo e poco conosciuto delle tendenze dell’arte cinese contemporanea. Sono 12 artisti, presenti all’inaugurazione, la cui creatività si esprime in forme e stili differenti lungo percorsi anche divergenti che si intrecciano come in un “crocevia”, di qui il titolo dato alla mostra e lo speciale allestimento, strutturato come un ponte tra personalità e forme artistiche così da costituire una sorta di “labirinto” creativo.

Gli artisti sono impegnati in quello che la curatrice della mostra, Nicolina Bianchi, definisce “un coraggioso processo di reinterpretazione della loro millenaria tradizione culturale visiva”. E lo fanno con “un atteggiamento di decostruzione e ricostruzione i cui esiti convergono in questo immaginario crossover, cioè in una concreta e reale sovrapposizione di segni, forme e colori, per armonizzarli in un completo e straordinario happening espositivo”.  Per questo la curatrice, nel presentare il “racconto-performance” di “percorsi diversificati, a volte trasversali”, paragona il “Crocevia”a “un’affollata hall di una grande stazione”, dove è bello trovarsi “per cercare, tutti insieme, d’incontrarsi là dove arrivano e partono idee e creazioni”.

Entriamo in questa virtuale hall ferroviaria, veramente affollata nella presentazione della mostra, e immergiamoci nei percorsi creativi che vi convergono,  espressivi delle tendenze più avanzate, anche per l’uso di supporti tecnologici.  “Esperienze diversissime – commenta Alessandro Riva – ma attraversate tutte da un comune sentire di sperimentazione e di grande interesse per l’innovazione linguistica, pur all’interno di una grande tradizione linguistica quale quella cinese”.

Il “labirinto” espositivo che divide le piccole “mostre personali”  dei 12 artisti presenta dei varchi   che consentono di gettare lo sguardo oltre il singolo espositore, sono i “ponti” visivi di un “crocevia” fonte di continue sorprese per la varietà di stili e forme, cromatismi e contenuti.

Per meglio cogliere le differenze e le innovazioni stilistiche dei diversi artisti ci siamo mossi nel “labirinto”  seguendo il filo d’Arianna dei contenuti  assimilabili,  espressi in modi diversi: in particolare il paesaggio e la figura umana, oltre a questi soggetti altri non definibili o astratti.

Il paesaggio dalla grigia astrazione al cromatismo acceso

Sono cinque gli artisti le cui opere si ispirano al paesaggio espresso in una gamma di forme e colori.

La mostra è introdotta dai grandi pannelli di  Liu Yiyuan,  docente di pittura cinese nell’Istituto Belle Arti di  Hubei,  che si è formato sugli antichi dipinti  per sviluppare una tecnica dell’uso dell’inchiostro su carta di riso che. pur  partendo dalla tradizione Tang,  è fortemente innovativa.  

Sono intrecci di linee  e di macchie, forme e segni,  ombre e luci, strati  chiaroscurali e passaggi cromatici,  in un misto di figurazione e di astrattismo, che fanno definire le sue rappresentazioni  “Paesaggi della mente”; e come nella mente ci sono angosce e sofferenze, così le sue superfici dipinte sono percorse da interruzioni e strappi, metafora delle angosce e  sofferenze della realtà.

Le opere sono tutte sul grigio tendenti all’astrazione. Tra le più recenti  “La Via lattea”, “Occhi nel cielo” e “Scena notturna”,  del 2015,  prima troviamo “La luce del sole al mattino” e “Surpass” del 2012, “Il fiume stellato” e  “Crak”, del 2011, e la serie “Vocabolario di Jie  Zi ” del 2009.

Un cromatismo intenso è invece nei paesaggi di  Ke Dou, che inizia come architetto, poi si dedica all’arte a tempo pieno. Viene definito “maestro del segno, che sulla tela diventa quasi magicamente un magico gesto del colore”,  in composizioni dove crea architetture naturali  viste nelle diverse ore del giorno e nelle più varie situazioni atmosferiche animate dall’energia dei colori. Riva scrive che “le pennellate sembrano lingue di fuoco e il colore sembra animarsi sotto l’effetto di un incantesimo”, è la sensazione che suscitano “Il sole del tramonto”, 2015,  e “Nella vasca di loto con Tipsy”, 2014,  “La vallata” e  “L’erba selvatica nella palude”, 2013; mentre “La notte di luna”  fa brillare i filamenti nel blu dello sfondo.

I colori diventano un vero incendio cromatico cui si aggiungono  i verdi e i blu ai rossi in Xuru Kui, in arte Charei. Mentre Ke Dou è architetto, la Charei è ingegnere senior e pratica anche l’arte fotografica. In “Montagna”   e “L’ombra dell’autunno”, 2014, . le forme possono richiamare in qualche modo, anche se alla lontana, il tema del dipinto, ma il vero soggetto è  il trionfo del colore.

Non solo paesaggio, la sua sensibilità emerge dalle altre due opere esposte, “Danza secondo lo stile della dinastia Tang” e “Dietro le quinte”, 2014, che riportano ad antichi archetipi femminili, divenute vere icone della tradizione, come il murale sulla danza cui si è ispirata.

Il quarto artista ispirato al paesaggio è Liu Shangying, nato in Mongolia, nella “città dell’eterna primavera” , dove la natura è rigogliosa, vive a Pechino e insegna presso il dipartimento di pittura ad olio.  La sua pittura è molto intensa nel cromatismo e molto particolare nella forma, espressione di una ricerca personale e di una ritualità che la rende unica nel panorama delle sperimentazioni.

L’artista dipinge dinanzi ai suoi soggetti, immerso nell’atmosfera ambientale; ma la sua non è la semplice pittura “en plein air” degli impressionisti, anche se l’atteggiamento è conforme, perché si reca nelle montagne del Tibet e monta il suo cavalletto con le grandi tele in luoghi battuti dal vento e dalle intemperie ricevendo dalla natura spesso inclemente, le ispirazioni e suggestioni più intense..

 “Il suo lavoro pittorico – commenta Riva – diventa così una ricerca non solo sulla materia, sul colore, sulla luce, sulla gestualità e sul difficile rapporto  tra astrazione e rappresentazione del reale, ma anche sul rito di passaggio rappresentato dal viaggio stesso, dalla difficoltà di dipingere en plein air tra le montagne del Tibet, dalla sfida continua che si erge tra l’uomo e la natura, e tra l’uomo e l’opera d’arte”.

Sono esposte 5 opere, tutte del 2014, intitolate al “Lago Manasarovar”,  di grandi dimensioni,  m. 2,5  x 1,5 circa,  contrassegnate da numeri d’ordine: l’immagine è inquadrata come in un video,   c’è molto nero ma rischiarato da sciabolate di colori in uno spettacolare  cromatismo di contrasto.

E’ un paesaggio molto particolare quello di Xu Dongsheng,  artista presente in importanti mostre e riviste specializzate, nonché docente  a Guangzhou. “La grande impresa artistica che il grande pittore cinese compie – scrive Riva – è permettere di ‘vedere’ i propri interiori paesaggi e di proiettarli nel fluire dell’esistenza”. 

L’uso di tonalità grigie che diventano scure fino al blu e al nero, con pochi elementi che vi galleggiano sopra, crea un’atmosfera onirica alle sue opere  nel confine tra visibile e invisibile, tra  visione personale ed evidenza oggettiva.  Sempre secondo Riva”il luogo dipinto perde pian piano qualsiasi connotazione verista e di similitudine con il paesaggio reale, per trasformarsi in qualcosa d’altro”.  Ed ecco dove ci porta e come si esprime l’artista: “In un nonluogo che sfiora a tratti l’astrazione, avvolto di una luce irreale, straordinariamente seducente, , fatta di bagliori improvvisi, di luci, di squarci nel buio, di lampi di folgoranti azzurri, rossi, o blu oltremare, luci e colori che si insinuano sottopelle, mescolati a misteriose figure che sembrano danzare nell’aria come se non ci fosse più differenza tra la realtà, il sogno e la loro rappresentazione pittorica”.

Non si potrebbero descrivere meglio le opere esposte,  tutte del 2015: “Il grido interiore” e “Le trasformazioni dell’atmosfera”, “Il rosso della manica non copre la luce” e “Doppio serpente dell’antica Cina”;  c’è anche “Omaggio a Klein“, una rete sospesa con in primo piano il blu oltremare o “blu Klein”.

Non  sono immagini di paesaggio, tanto meno interiore,  ma della fauna che lo popola le due opere di  Xiangbin Liang, “Scimmia che guarda la montagna”, n. 1 e 2, 2014, lo sguardo è così intenso da rivelare una profonda umanità, d’altra parte la scimmia  occupa nell’evoluzione il gradino prima  dell’uomo per cui lo riteniamo un passaggio appropriato alle opere con figure umane.  

L’artista è anche scrittore e la sua pittura è intimamente legata alla natura con cui vive a contatto e intende portare nelle sue opere: i due primi piani dei volti di scimmia, assorti nell’ammirare la meraviglia delle montagne che si riflettono chiaramente nei loro occhi si inseriscono in una produzione  in cui si trovano  foreste abitate da scimmie e paesaggi innevati, nella celebrazione della bellezza della natura. Il suo è un mondo primordiale incontaminato,  con un cromatismo brillante e luminoso  per esprimere i colori della vita, del resto mette in opera la propria  “teoria della pittura selvaggia”. Può  sembrare l’idealizzazione di un  mondo sparito, invece  è una realtà presente che va a scovare, fotografandola per  renderla in forma pittorica:  non è un “paradiso perduto” ma che si può perdere.  Aggiunge Riva: “La pittura di Xiangbin Liang, apparentemente semplice  e immediata, è allora anche un mezzo per farci ragionare su ciò che è  vero e ciò che non lo è più nell’era della comunicazione diffusa , sul valore del mezzo pittorico come medium illusionistico, capace di far librare l’immaginazione oltre il reale , pur restando con i piedi perfettamente piantati nella realtà”.  Non ci sono solo le montagne  negli occhi delle scimmie!

 Vediamo infine un paesaggio montano, di stile figurativo, opera di Meng Bin, ma questo artista espone soprattutto dipinti di figure umane, e sono questi che intendiamo commentare.

La figura umana in pittura e scultura

Con Meng Bin, dunque, troviamo nell’esposizione la figura umana, soprattutto femminile ma anche maschile in  una serie di dipinti del 2014: sono 3 composizioni  con diverse figure intere e 2 dipinti con figure a mezzo busto. “Le studentesse”  sono 5 figure di donne in pantaloni e gonna,  “I coetanei” 2 figure,  “La famiglia” una coppia con un bambino. “Ritratto di Lao He” e “Ritratto di Lao Xe”  rappresentano i due soggetti, maschile e femminile, ripresi da soli.

Sono dipinti di notevole densità materica con le figure viste dall’alto, “come se il loro presentarsi dal basso – commenta Riva – fosse una spia della crisi di un’intera generazione. La sua pittura non riproduce, comunica”.  Le “studentesse” e i “coetanei”  esprimono le ansie e le attese della loto generazione, nella “famiglia” sembra di intravedere una maggiore serenità, come un approdo sicuro.  Questa  è solo una componente, si nota anche la cura nel soffermarsi su aspetti esteriori, come l’abbigliamento e la positura,  quali espressioni della personalità dei soggetti come singoli e come collettività generazionale. 

L’artista, laureato all’Accademia Belle Arti di Guangzhou, dove ha conseguito il Master, fa parte del Comitato di pittura a Olio dell’Associazione Artisti di Henan, ha viaggiato in Europa per studiare l’arte europea, e lo si vede da quello che viene definito “espressionismo estatico”.

Figure umane e allegoriche anche nelle opere di Xie Heng Qiang, ma in forma di piccole sculture in ceramica colorata, quasi icone rituali di archetipi primordiali ma con un tocco di modernità, in un connubio tradizione-innovazione  espressione della sua intensa creatività.

E’ come se l’artista volesse comunicare qualcosa che viene da lontano ma che tocca da vicino, in un’atmosfera di mistero con un senso quasi religioso: “I suoi piccoli antieroi – osserva Riva – che sembrano saltare fuori da un scavo archeologico di un paese a noi sconosciuto,  conservano l’intensità degli eroi tragici antichi, con le loro espressioni a volte dolenti, a volte felici, a volte perse in sogni che non conosciamo”.  E cita “gli occhi sproporzionati come quelli dei moderni personaggi dei cartoon”,  nei quali  aleggia “un aspetto inquieto e sarcastico”.

Lo si nota nella  opere  meno recenti, come “Gemello n. 2”, 2007 , “Il paese degli Angeli”, 2010, e “L’Angelo sulla nuvola”, 2011,  mentre le più recenti, “La canzone di Samaria”, 2014, e “L’illusione”, 2015, mostrano un ripiegamento interiore  intenso e sofferto.

Pure  questo artista  ha una formazione accademica, e insegna Arte della Ceramica nella locale Università, le sue opere in ceramica sono presenti nelle mostre e nelle riviste specializzate.

Sono sculture anche quelle di Huang Yong, che insegna all’Accademia delle Belle Arti della sua città nel cui museo, oltre che in molte collezioni private, sono esposte le sue opere.  Non sono in  ceramica, come per l’artista precedente, ma  in resina e legno, e rappresentano il corpo umano pur se con titoli psicanalitici, come le 2 intitolate “L’incubo del sogno”, 2015, e le 3 “La voce sul legno”, 2014: sono nudi  improntati alla classicità come antichi bassorilievi,  anche qui con un tocco di modernità.  “Il corpo stesso, è ancora Riva,  diviene così un inesausto labirinto  di segni e di linee che si rincorrono sulla superficie dell’opera , quasi a rappresentare, con il loro intrico di segni, un simbolo della complessità della stessa natura umana”.

Le altre  ispirazioni e forme espressive

E siamo giunti agli artisti la cui ispirazione e forma espressiva è lontana da quelle fin qui considerate: si va dai riferimenti tangibili a realtà presenti alle sperimentazioni più varie.

Sono reali e tangibili le immagini urbane di Fan Feng, come “Cavalcavia” e “Si affacciano sulla città”, 2014, in inchiostro su carta: addensamenti che evocano gli agglomerati cittadini in una visione scenografica, dall’alto, non priva di inquietudine per la loro invadenza senza freni  L’artista, infatti, non si pone come osservatore neutrale, ma si immerge nello spazio che rappresenta quasi fosse sull’ideale palcoscenico di una delle moderne megalopoli orientali, “vere e propri simboli del presente tecnologico e urbano iperaccelerato della Cina di oggi” che, nelle parole di Riva, “vanno a formare le silhouettes di grandi paesaggi urbani caotici e strabordanti, pieni di palazzi, di insegne, di strade, di pali, di fili e di sopraelevate che si intrecciano e si sovrappongono una sull’altra”.

Ha un “cursus honorum” prestigioso, oltre ai titoli accademici e alle cariche nelle istituzioni artistiche ha conseguito il livello più elevato della Certificazione nazionale per l’arte fino a ricevere un sussidio permanente speciale del governo  per il suo contributo al mondo dell’arte.

Colleghiamo all’alienazione urbana le opere di Li Xiangyang, “Il volo”, sono 4 dipinti del 2013-14   con delle automobili in fila con autista, in ogni dipinto una  delle vetture  è sollevata, mentre ancora più in alto è sospesa, in orizzontale, una persona,  una è nuda con le braccia aperte come un crocifisso; sopra, nel cielo azzurro, si staglia una struttura viaria, sotto c’è uno spaccato del sottosuolo con le radici. Come interpretare questa immagine ripetuta quattro volte con delle varianti? L’artista, che vive a Pechino dove insegna alla scuola del cinema, si è laureto al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, e indubbiamente c’è un chiaro taglio cinematografico nelle sue composizioni, sembrano sequenze di un film. La persona sospesa non riflette il volo onirico ed estatico alla Chagall, ma nella sua rigidità rende l’angoscia di una condanna; mentre i due livelli della composizione sembrano marcare il distacco tra le solide tradizioni espresse nelle radici in bianco e nero e la caotica realtà odierna resa con i colori intensi di un’invasione violenta.  Del resto,  è esposta un’altra opera, dal titolo eloquente “Il vuoto”, forse come seguito sconsolato del “volo”.

Vogliamo concludere con  Ma Lin,  la cui figura si distacca dalle altre:ha studiato  in Italia, frequentando la “Scuola libera di nudo” e diplomandosi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, vive e lavora nel nostro paese,  e ha collaborato attivamente alla mostra  attuale come ad altri eventi artistico-culturali tra Italia e Cina, ha esposto anche alla  mostra al Vittoriano “Virtual China”.

Infine 5 installazioni pittoriche realizzate inserendo i dipinti in supporti di ferro e legno asiatico, nelle quali una mano, dei corpi e dei volti, questi ultimi in miniatura, sono inseriti in composizioni  iconiche con l’aggiunta di piccole farfalle come metafora di libertà e rigenerazione dinanzi all’oppressione  dei frammenti di parvenza umana compressi e isolati nei suoi istogrammi scuri:  è l’alienazione della vita moderna che riduce le possibilità di dialogo e alimenta i conflitti, ma nonostante  ciò la spinta al dialogo tra identità culturali diverse è portata dalle  componenti antropologiche e spirituali che sono alla radice della storia dei popoli.  Per questo, “Dialogo” e “Voglio parlare” si intitolano  3 sue opere del 2014 e 2015;  dell’ultimo anno abbiamo anche 2 installazioni intitolate “Rivelazione e anti-rivelazione”.

Titoli che sembrano un sigillo della mostra, come occasione di dialogo tra diverse culture e forme espressive, e volontà di parlare nel senso di comunicare, esprimersi. La mostra è stata una rivelazione di  aspetti ignorati dell’arte cinese, dove la contemporaneità si salda alla tradizione in una  sperimentazione  che si nutre di apporti occidentali innestati sull’antico e affascinante linguaggio del lontano Oriente. 

Info

Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, via San Pietro in carcere, lato Fori Imperiali. Tutti i giorni, compresa la domenica, ore 7,30-19,30, entrata fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso gratuito. Tel. 06.6780664, 06.69923801; fax 06.69200634. www.comunicareorganizzando.it.  Catalogo “Crocevia. Arte cinese contemporane”, dicembre 2015, pp. 122, formato 22 x 28, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per le mostre sull’arte e la tradizione cinese, cfr. i nostri articoli: in questo sito “Awangdui, tombe cinesi del 2° sec. a. C. a Palazzo Venezia” 17 gennaio 2015, “Visual China. Realismo figurativo contemporaneo”17 settembre 2013; “Oltre la tradizione. I Maestri della pittura moderna cinese”  15 giugno 2013;  lo scultore “Weishan” e l’abbinamento Qi Baishi -Leonardo 24 novembre 2012; la “Via della Seta” il 19,21 e 23 febbraio 2014; per l’arte e la cultura cinese in “notizie.antika.it” sulla mostra “L’Aquila e il Dragone”  4 e 7 febbraio 2011; in “cultura.inabruzzo.it  sull'”Anno culturale cinese”  26 ottobre 2010,  e  2 articoli sulla “Settimana del Tibet”  21 luglio 2011 (tale sito non è più accessibile  gli articoli saranno trasferiti in altro sito); infine in questo sito, “‘Incontro all’Ambasciata cinese”  1° aprile 2013.

Foto

Le immagini sono state ripreseda Romano Maria Levante alla presentazione della mostra nel Vittoriano, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti, in particolare l’organizzazione cinese e i singoli artisti, per l’opportunità offerta. Viene riportata una immagine per ciascuno dei 12 artisti nell’ordine in cui sono citati nel testo. In apertura,  Liu Yiyuan, “Vocabolario di Jie Zi”, 2009; seguono, Ke Dou, “La notte di luna”, 2014, e Xuru Kui, “Montagna”, 2014; poi, Liu Shangying, “Il lago Manasarovar”, 2014, e Xu Dongsheng, “Doppio serpente dll’antica Cina”, 2015; quindi, Xiangbin Liang, “Scimmia che guarda la montagna”, 2014, e  Meng Bin, “La famiglia”, a sin, con una “Studentessa”, a dx; inoltre, Li  Xiangyang, “Il volo 3”, 2014, e Xie Heng Oiang, “L’illusione”; 2015; infine, Huang Yong, “L’incubo del sogno”, 2015, sulla parete “Occhi nel cielo”, 2015, di Liu Yiyuan, e Ma Lin, “Voglio parlare”, 2014; infine, Fan Feng,  “Si affacciano sulla città”,a sin., “Cavalcavua”, a dx, 2014;  in chiusura, la presentazione della mostra, con il rappresentante cinese  (al microfono  l’interprete) e  Alessandro Nicosia (dietro).