Echaurren, la pittura di denuncia, alla Gnam

di Romano Maria Levante

Si conclude la visita alla mostra “Pablo Echaurren. Contropittura”, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea,  dal 20 novembre 2015 al 3 aprile 2016  con oltre 200 opere tra pitture in acrilico su carta e tela, disegni  e grafiche, illustrazioni e fumetti, con le quali l’artista ha espresso il suo forte impegno civile e sociale, riflettendo i fermenti  di un periodo prima agitato dalla contestazione giovanile, poi animato dagli irridenti “indiani metropolitani”, quindi precipitato    nei cupi “anni di piombo”, fino ai giorni nostri. E’ una mostra tematica organizzata dalla Gnam con  la Fondazione Echuaurren Salaris, a cura di Angelandreina Rorro, come il Catalogo bilingue nitaliano-inglese della “Silvana Editoriale”, che contiene la  nota critica della curatrice e l’accurata Biografia di Claudia Salaris.

Abbiamo visto come dopo la fine della militanza con l’evasione nel mondo creativo degli indiani metropolitani dovuta all’appesantirsi del clima dopo il delitto Moro e le misure emergenziali degli “anni di piombo”  si dedica al collage. “Al forte cromatismo dei ‘quadratini’ e al tutto pieno dell’ideologia politica, commenta Claudia Salaris, si era sostituito il bianco dell’assenza, carte bianche su fondo bianco, evocative trasparenti, una tabula rasa pEr una rinascita, un bagno di candore a titolo di purificazione”.  Dal 1980 al 1988 solo ritagli quasi evanescenti, nessun  intervento grafico; nel 1989, invece, nei 4 collage esposti di nuovo il suo segno, dominante e ridondante in grossi caratteri reiterati, quasi gridati dopo tanto silenzio. “La tigre è ancora viva!” abbiamo commentato a conclusione della rassegna sulle opere fino al termine degli anni ’80.

D’altra parte, pur finita ogni militanza, non  sono mancate sue iniziative individuali nel segno della creatività come mezzo di comunicare. Già nel 1985  propone al Comune di Roma, che approva, l’iniziativa “AmoRoma”, diffusione di manifesti con opere di Fellini e Schifano, Pratt e Pazienza, artisti molto diversi nel segno della contaminazione dell’arte.  Con  la cooperativa “Sensibili alle foglie” realizzerà in seguito mostre sullo scarabocchio , l’ “arte irritata” degli artisti in difficoltà.

Esplode la grande pittura su tela con “la questione murale”.

Il  nuovo corso altrettanto vitale di quello bruscamente interrotto con la parentesi dei collage segna il  riavvicinamento alla pittura. Dalla carta prediletta  passa alla  tela in composizioni in acrilico di notevoli dimensioni dal cromatismo violento  e fortemente caratterizzate da simboli di varia natura molto vistosi. Li vedremo nel passare in rassegna le opere esposte, intanto vogliamo sottolineare che altrettanto vistosi sono i titoli, perché sono opere ispirate dai fatti più eclatanti che agitano il quotidiano ma hanno il respiro della storia: si va dalla sanguinosa repressione di piazza Tienamen con il giovane inerme che sfida i carri armati, alla caduta del Muro di Berlino, ai conflitti  nel Golfo persico, tra Iran e Irak,  poi l’invasione del Kuwait e la guerra in Irak,  alle minacce all’ambiente.

I  simboli ricorrenti,  inseriti in uno stile da  espressionismo astratto di ascendenza  fumettistica, secondo la Rorro  evocano i graffiti metropolitani,  come quelli del muro berlinese,  certe allegorie medievali e l’arte precolombiana ;  entrano in scena i teschi che saranno poi una costante, in una “matassa ingarbugliata di ideogrammi” come dice Renato Barilli.

Nel 1989 i dipinti vengono esposti a Roma nella Galleria Giulia in una mostra curata da Achille Bonito Oliva il quale rende merito all’autore di aver dimostrato “che è possibile essere nomadi magari calcando le scene della memoria, ma con materiali decorosi e decenti: futurismo eccetera eccetera”.

Li vediamo nella 5^ sezione della mostra , “La questione murale”, sono  come dei “murales”, hanno  tale forza espressiva nella loro violenza grafica e cromatica da sembrare impossibile un salto così notevole dai  labili e scoloriti collage in cui si esprimeva fino al 1989 dopo la fine decretata dagli “anni di piombo” dell’euforia surreale degli “indiani metropolitani” di cui aveva fatto parte.  

In “Prossimi parossismi nell’aria” c’è un trait d’union con il collage dello stesso anno nel quale è tornata  imperiosa la sua grafica: comune alle due opere è una mano, nel primo è sotto le scritte cubitali “Resisto”, nel secondo è sotto due occhi in una composizione pittorica che ancora richiama l’assemblaggio del  collage con forti colori, segni geometrici, la scritta “Bomb” e una grande testa di serpente verde. Tre serpentelli dalle teste blu su un unico corpo verde sprizzano fiamme in un coacervo di simboli, dalle forbici al martello e al coltello, peraltro non minacciosi, dal segno pacifista alla parola “War”,con la scritta “Berlin” e altri segni, il titolo è “Wart”; mentre  “Voi siete qui” reca la macchia rossa con schizzi presente in tanti disegni del 1977, ma senza più messaggi, la composizione ha tanti segni geometrici in una sorta di scacchiera e una specie di labirinto. In “Ascendenze”,  la foglia e il cuore  sono inseriti in un cromatismo leggero, bianco e celeste,  con  segni a forma di croci. Nell’acrilico intitolato 1889″,invece, domina il rosso in uno scenario corrusco di 5 carri armati in marcia con i cannoni spianati. L’anno della caduta del muro di Berlino è scritto nell’acrilico “The Fall of  the Wall”con il nome della città,  simboli pacifisti, frecce   e un grande serpente che domina la scena.

Siamo al 1990,  anche in “Città muta” appaiono tante frecce in diverse direzioni e segni geometrici, dominano quattro teste a forti colori contrapposte; sono teste che troviamo anche nel trittico “Artisti estremisti”, mutanti verso forme di teschi,  con una sagoma da disegno infantile, simboli di morte  e cuori. In “Vermi!”  il titolo è a caratteri  cubitali rossi con  sotto “Bastardi” in altrettanta evidenza, la rabbia si sfoga nell’invettiva, mentre in “Stupid eternity queste parole sono accompagnate da due grandi teste di serpente blu con tentacoli,  motivo che ritroviamo nella grande testa con più occhi in Vulcanizzazione di anime forate”,  peraltro sdrammatizza la testa rovesciata di Paperino, con punti interrogativi,  simboli pacifisti, le scritte “Nero” e “Red”, “Scintilla” e “Una fides”..

Abbiamo detto delle teste mutanti in teschi, le ritroviamo che riempiono la superficie in 4 acrilici del 1991, collocate in riquadri segmentati e multicolori, in agglomerati come fossero ossari. “1991” e “Relativo”, “Il giudizio”e “Senza dimensioni”, quest’ultimo con in più teste di serpente tra le teste umane e umanoidi in un cromatismo tricolore. 

Allusive e apparentemente allucinate le “carte (di navigazione)”

Il motivo dei teschi lo ritroviamo nella 6^  sezione,,  “Carte (di navigazione)”,in due acrilici su carta dello stesso 1991, “Senza titolo”rosso e bianco e “Cielo” celeste e bianco al centro. Sarà ricorrente  nelle opere pittoriche più recenti, viste alla sua mostra alla Fondazione Roma. Si tratta dell'”horror vacui”, cui l’artista  attribuisce la facoltà di esorcizzare il male in base al concetto che il maligno va dove c’è il bene, quindi non va dove ci sono i  simboli di morte, i teschi sono anche nel grande Mosaico lungo 13 metri alla stazione della Metropolitana di Roma di Piazza di Spagna..

Le altre opere della sezione sono contemporanee a quelle della sezione precedente, si differenziano per essere su carta  e non su tela. Andando all’indietro, sempre del 1991, “Parlerà agli uccelli”e “La grande parolamostrano la trasposizione di parole in simboli con incasellature  in cui vediamo anche  dei visi  stilizzati, quasi dei teschi. Nel 1990 “Parole cose”, “Innocente di rabbia” e “Topi”  recano in grandi maiuscole le parole del titolo con frecce e segni circolari come bobine; mentre Alto 1″ reca la scritta con le frecce quattro volte in rettangoli colorati e “Senza titolo unisce alle frecce invece della scritta delle mani nere protese, sempre in rettangoli colorati.

La scritta “Volo”campeggia a grandi lettere nell’omonimo acrilico del 1989, come in “Da zero e infinito”  – curiosamente è stato il sottotitolo della mostra “Numeri” del 2015 al Palazzo Esposizioni – vediamo tali simboli sotto due teste di mostri pacifici;  e in  Noi-art tra sagome geometriche di varia forma, mentre ritroviamo tracce di collage in “Questa notte”.  E  “Senza titolo” riproduce su carta con varianti i motivi geometrici visti su tela in “Voi siete qui”, sempre del 1989; infine “Cina addio“,  dei cuori con delle stelle in una sinfonia di rosso.

Abbiamo lasciato per ultimo  “La nuova Italia”, del 1990, con tante frecce,, un grande 77, e Paperino al centro mentre sulla destra il ritaglio con il simbolo del PCI, un accostamento tutto da decifrare in un contesto nel quale sembrano stemperarsi le pulsioni pur ricorrenti.

Sono acrilici chiamati “carte (di navigazione)”  perché considerati indicativi della direzione intrapresa, sia se sono lavori preparatori ad opere da realizzare, sia se sono già opere compiute, del resto quasi tutti sono quadrati di un metro o rettangoli  di un metro per 70 cm, quindi di dimensioni ragguardevoli per trattarsi di meri appunti da sviluppare.  Oltre agli echi del passato, nuovi spunti.

 Il ritmo musicale nella pittura di “”Rhythm’n’Glues”

Con la 7^ sezione,  “Rhythm’n’Glues” cambia di nuovo tutto, e in modo ancora più netto. Siamo nel 1996,  ha presentato nel 1995 a Roma al Palazzo Esposizioni un secondo ciclo di collage nella mostra “Echaurren iconoclasta”, non più lacerti minimi, brandelli giallini  sulla superficie bianca ma accostamenti dissacranti quanto di forte evidenza. Su questo abbrivio la terza mostra alla Galleria Giulia di Roma con lo stesso titolo della sezione, che storpia  il  “rhythm’n’blues”  alludendo al ritmo degli elementi del collage assemblati come in uno spartito musicale. Del resto la musica è stato il suo mondo e non l’ha mai dimenticata, ricordiamo il ciclo di opere che ha dedicato ad essa, da “Love me Feder” a “Le antenne del genio”, da “Sax machine” a ” White noise”, da “The Big Bang” a “Silenzio sonoro”,  le abbiamo viste nel dicembre 2010  nella mostra romana.

Ma torniamo alla sezione con il riferimento musicale, di scena  parole a caratteri cubitali nelle quali si può esprimere con forza ancora maggiore l’impeto dissacrante prima affidato a segni e simboli.

Il suo impegno nel sociale in questo periodo è dimostrato dall’attività svolta con Arci-solidarietà nel carcere di Rebibbia,  dove ha realizzato un laboratorio artistico con un gruppo di detenuti, i cui risultati sono stati presentati nella mostra “Gattabuismo”  al Palazzo Esposizioni nello stesso 1996.  Scrive  libri di ambiente carcerario  e compie un esperimento pilota di film per la televisione girato in carcere, “Piccoli ergastoli” presentato alla Mostra del cinema di Venezia del 1997  e l’anno dopo al Festival di Biarritz.

Altre iniziative di questi anni che rivelano la ripresa di un impegno diverso da quello militante del passato, ma in coerenza con i suoi ideali e con la sua intraprendenza,  sono la singolare vendita di banconote da 10.000 lire al prezzo di 5.000 nella serata del 1995 al Palazzo Esposizioni all’insegna dell'”Arte ricca” per attualizzare ironicamente il guadagno futuro promesso ai collezionisti di opere d’arte, nella direzione in  cui si muoveva il “Movimento antiutilitarista di scienze sociali” . E soprattutto la  fondazione nel 1997 con l’artista cibernetico Giuseppe Tubi, del  “Partito del Tubo” per “sostituire la politica del vuoto  al vuoto della politica”.   Alla Biennale di Venezia del 1999 diffuse volantini con slogan irridenti quali “Tubi or not tubi” e “I nostri tubi sono innocenti”, “Noi vi salderemo” e “Adotta un politico  e convincilo a smettere”, slogan profetico  che torna attuale; come l’altra espressione degli Indiani metropolitani, “Siamo tutti prigionieri dei politici”

Detto questo per inquadrarle opportunamente, guardiamo le sue opere del 1996 in questa sezione, la prima grande scritta-titolo  è “Merda”con  0%, in un vistoso nero su giallo, mentre “Sante vocali” reca dei grandi O verdi e blu su giallo, colore su nero di “Insufficiente” ed “Ex-pistols” con in più la parola Sex. Poi “Antitutto” e “Usura!”, caratteri grandissimi che occupano l’intera superficie con un cromatismo intenso e contrastato.  Bianco su nero le grandi lettere di “Si”, su rosso in “Festa punk” con  le parole “Suono” , “Azione” e il simbolo di falce, martello e stella capovolto.

Riguardano l’arte  “Io cubista per caso”, con un grande abc in un cerchio nero, e la scritta “fragile” che ritroviamo al superlativo  in “Fragilissimo” con la dicitura “contiene quadri con vetro”. La grande faccia di “La religione murale”, con scritto “Amen”, “Saint” ed “Ex moderni”,  e i due grandi pesci con gabbiano,  neri nelle acque azzurre in “Il cinema osseo” concludono la sezione.

I grandi dipinti, alterazioni verbali e intrecci simbolici

Con l’8^ e ultima sezione, intitolata “Make Art not Money”, si compie un salto di quindici anni. Irrompe la pittura su tela in dipinti di grandi dimensioni con cui riprende la sua denuncia contro il  sistema in forma eclatante. C’è ironia e satira,  hanno l’aspetto di “murales” e per questo simulano l’intervento dei passanti dissenzienti nella cancellazione parziale delle parole. Nella critica al sistema si riferisce anche al mondo dell’arte cui appartengono molte parole cancellate.

Questa alterazione  è ben diversa dalle cancellature di Emilio Isgrò che coprono interamente le parole annullate, rendendole illeggibili,  l’operazione  mimetica di Echaurren è un invito a decifrare ciò che c’era prima dell’alterazione, e spesso è possibile.  Danilo Eccher spiega che “la cancellazione delle scritte genera un nuovo alfabeto simbolico, la ripartizione cromatica suggerisce una complessità di territori, l’organizzazione dell’immagine accenna a una narrazione solida e intellettualmente vigile”. Ci sembra una descrizione appropriata di queste opere molto vistose. 

Sono, infatti, di dimensioni giganti, 1 metro e 60 per 2 metri e 40, in acrilico su tela; tornano motivi del passato ma con  l’espressività accresciuta dalle dimensioni e dalla intensità del segno come del cromatismo forte quanto omogeneo e non contrastato.  Realizzate dal 2012 al 2015  le dieci grandi opere illuminano le pareti dello spazio espositivo loro dedicato. 

E’ del 2012 “Dammi retta”, un agglomerato di forme fumettistiche in colore tenue, mentre “Election day”, 2013,  presenta nove righe di  grandi lettere con parole  in parte indecifrabili  perché alterate da altri segni, si distinguono “Sindaco” e “Parlamento”, e poche altre. Così in “Voi siete qui”,  distinguiamo “Ego” e Agro”, “Max” e “Mar”, tra tante marcate ma rese illeggibili. 

Siamo nel 2014, nessun bisogno di decifrare in Combat painting 3 “ e “Martket, due opere parallele,  una su fondo bianco che vira al celeste , l’altra al rosa, meccanismi e frecce ben noti e poche parole non obliterate, “Toxic” e “Asset” nella prima, “Artist” e “Artfair” nella seconda.

“Antirabbico”  e “Il muro non sa leggere”  – titolo che richiama “Il vento non sa leggere”, film di sentimenti degli anni ’60 –  ripropongono lo schema visto nelle opere del 2012, questa volta le grandi scritte sono indecifrabili, per l’opera di alterazione con altri segni.

Vediamo dello stesso anno  “Combat painting 7“‘, una variante della stessa serie  con il motto “In God we tru..t” a grandi caratteri anche se contrastati, sopra a uno scenario di battaglia con navi recanti sulla fiancata il nome di città, Miami e Venezia, London, Basel e Kassel, e la scritta “Genius loci”  tra scoppi e frecce in ogni direzione. Dalla guerra all’arte con “Most Expensive  Living Artist, non meno bellicoso, aerei in volo anche acrobatico e frecce da ogni parte, le scritte “Corpus Christie’s” e “Corpus Sotheby’s”, “Immortality” e “Auction painting”  intorno a una caldaia.

E siamo al 2015, ancora l’arte in “Wall Street Art”, con ben quattro simboli pacifisti e due grandi tralicci, la pace e il lavoro dopo la guerra.

Dall’omaggio a Duchamp alle altre opere in arte ceramica

L’ultima opera esposta  è un omaggio a Duchamp, il cui nome, come quello di Picabia , abbiamo trovato  nelle opere grafiche e in più abbiamo visto degli schizzi con la sua “Fontana”-orinatoio. Ebbene, dagli schizzi Echaurren passa a una celebrazione plastica, l’oggetto dissacrante riprodotto in maiolica-berettino blu con le decorazioni grottesche  a lui care, i suoi draghi e serpenti, il titolo è “U/ Siamo tutti Duchamp”.

Questo ci riporta a un’altra stagione, nell’arte di Euchaurren, quella della ceramica. E’ il 1991, si reca a Faenza per la mostra “L’apprendista stregone”, lo diventerà in positivo nella ceramica perché chiamato a dare un suo contributo di innovazione, ne penetra i segreti con una ricerca certosina nei manuali e nelle chiese, per poi produrre nella bottega Gatti una serie di opere in ceramica blu dove innesca il suo grottesco con teschi e altre figure che esorcizzano il maligno. E’ passato di lì anche Giacomo Balla, tra i contemporanei Baj, Ontani e Paladino,  Echuarren lascia il segno della sua arte nei grandi piatti e nel monumentale “Il mio ombelisco”, un enorme rinoceronte con l’obelisco nella proboscide, figura desunta dalla fontana romana della  Minerva  dove  peraltro c’è un elefante.

L’Ombelisco ci fa pensare al suo “Umbeliscum Urbis et Orbis”  e a “Catacombelicale” , tra le tante opere dedicate a Roma, tra cui i dipinti dal  1006 al 2011,  la pioggia di obelischi di “I Vertici azzurri di Roma ” e i  Colossei di “The big Onion”, poi “Il cielo sopra Roma” e “My Navona”.

Erano esposte nella citata mostra del 2010 alla Fondazione Roma, insieme alle opere in tema musicale, che abbiamo già ricordato, e a quelle sulla “Natura”, oltre a copertine e illustrazioni, fumetti e grafiche, tutto materiale espositivo  diverso da quello presentato ora alla Gnam.

Riportiamo le parole di Arturo Schwartz  che rileva come “Pablo non ha mai smesso di interrogare se stesso e la società; è sempre partecipe, percorre la sua strada da solitario,  estraneo alle beghe e fuori dalle congreghe. Non teme di mescolare il sacro e il  profano, l’artista  e l’artigiano”.  In questo modo, “lancia razzi di segnalazioni in tutte le direzioni per avvisare gli altri naviganti che c’è bisogno di dire sì all’impegno e no all’assuefazione, al conformismo, all’abitudine”. E per seguire “un’idea-guida:  rivoluzione ininterrotta, necessità di dedizione, esigenza di costruire un pluriverso ben diverso dall’uni-verso mondo a senso unico”.

 Angelandreina Rorro   definisce “la portata della sua Contropittura  come un possibile modo per riportare gli artisti (potenzialmente tutti noi) a capire, a riappropriarsi e a interpretare il proprio tempo”.  Non solo questo: “E a far sì che l’arte possa renderci consapevoli della realtà attraverso la chiarezza dei temi, ed attenuare la tensione tramite l’ironia e il gioco e a far maturare nuovo i frutti in ciascuno”.

Dopo aver ripercorso il lungo e variegato itinerario artistico e di vita di Echaurren ci sembra che questi giudizi  ne confermino l’alto valore non  soltanto sul piano artistico ma anche su quello sociale e civile, e soprattutto umano. Non è cosa da poco per un artista nostro contemporaneo. 

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Viale delle Belle Arti 131, Roma. Da martedì a domenica ore 8,30-19,30, entrata fino  a45 minuti prima della chiusura; lunedì chiuso. Ingresso euro 8 (mostra + museo), ridotto 4 euro per i giovani UE 18-25 anni, gratuito per i minori di 18 anni e altre categorie previste. http://www.gnam.beniculturali.it/ Tel. 06.32298221.  Catalogo “Pablo Echaurren. Contropittura”, a cura di Angelandreina Rorro, Silvana Editoriale, novembre 2015, pp. 264, bilingue italiano-inglese, formato  23,5 x 28,5, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I primi due articoli sulla mostra sono usciti  in questo sito il   20  e 27 febbraio 2016,  con altre 13 immagini ciascuno. Per gli artisti e i movimenti citati  cfr. i nostri articoli:  in questo sito, sulla mostra di Echaurren alla Fondazione Roma  23, 30 novembre e 14 dicembre 2012, su  Isgrò  16 settembre 2013 , su Balla e il Futurismo  in “Dolce vita? Dal Liberty al design 1900-1940” al Palazzo Esposizioni14 novembre 2015  e “Secessione” alla Gnam 21 gennaio 2015 ; in “cultura.inabruzzo.it” su  Pazienza  23 febbraio 2011, sul Futurismo  30 aprile e 1° settembre 2009; in “fotografia.guidaconsumatore.it”  su Schifano 15 maggio 2011 (i due ultimi siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna che si ringrazia, con la Fondazione Echaurren e i titolari dei diritti,  in particolare l’artista.  In questo articolo, che descrive le sezioni dalla 5^ all’8^,  le immagini rigurdano la  6^ e 8^  sezione, quelle della 5^ sono inserite nel secondo articolo e i collage della 7^ nel primo articolo, dopo quelli della 2^ sezione.  In apertura, “Questa notte”, 1989; seguono, “Piulota di colature”, 1989, e  “Senza titolo”, 1989; poi, “La nuova Italia”, 1990, e “Parole cose”, 1990; quindi, “Senza titolo” 1990. e “Innocente di rabbia”,1990; inoltre, “Alto 1”, 1990,  e “Senza titolo”, 1991; infine, “Martket”, Combat painting 3″, e “Combat painting 7”, tutti 2014; in chiusura, in ptimo piano,  “Il muro non sa leggere”, 2014.