Arte, cultura e turismo, competitività e innovazione in una ricerca di Civita

di Romano Maria Levante

Il  6 dicembre 2017, nella sede dell’Associazione Civita di Roma, sono stati  presentati i risultati del III Rapporto, “L’arte di produrre Arte. Competitività e innovazione nella Cultura e nel Turismo”,  a cura di Pietro Antonio Valentino, con un dibattito, dopo la presentazione del presidente di Civita Gianni Letta e l’introduzione di Valentino, moderato da Riccardo Luna, direttore responsabile dell’AGI, cui hanno partecipato Armando Peres, presidente del Comitato Tecnico Ocse, Domenico Arcuri, A.D. di Invitalia, Stefano Pighini, presidente di LVenture Group, Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup e Paolo Giulini, fondatore di Musement. Si tratta della terza ricerca della serie, che fornisce analisi approfondite e documentate con conclusioni propositive su un settore molto particolare dell’economia nazionale. A queste analisi intendiamo riferirci piuttosto che dar conto della discussione, pur interessante, che si è svolta nella mattinata.

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L’“arte di produrre Arte”  prosegue, e non si tratta di un serial televisivo, ma di una ricerca  approfondita che si svolge in fasi successive con i necessari aggiornamenti tematici sul settore delle Industrie  culturali-creative (ICC) , di cui abbiamo parlato in passsato presentando la seconda serie.

Quella attuale approfondisce il tema della competitività e dell’innovazione partendo dai processi di internazionalizzazione nel settore delle Industrie culturali e creative,  che negli anni della crisi hanno portato a profonde riorganizzazioni all’insegna del progresso tecnologico determinando nuove forme di competitività. 

Ma è a livello dei singoli territori che si svolge la competizione anche rispetto agli effetti sull’offerta turistica, strettamente collegata alla creatività e all’offerta culturale.

Per questo è stata approfondita l’analisi sulle innovazioni  in atto nell’ecosistema  di tali imprese impegnate in campo produttivo, in particolare nell’artigianato, oltre che della ricettività turistica. Il tutto inquadrato nelle innovazioni  riguardanti il rapporto tra cultura e società e nella prospettiva ravvicinata del Piano strategico del turismo 2017-22 che rappresenta  una piattaforma programmatico-operativa a supporto dell’offerta turistica nazionale.

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Sono  temi strettamente collegati tra loro fino a formare un sistema complesso  che viene esplorato sistematicamente  e organicamente nelle 300 pagine del volume ricco di grafici, diagrammi e tabelle, nel quale si riportano i risultati con un approccio propositivo oltre che descrittivo e analitico. Nell’incontro di presentazione gli intervenuti ne hanno discusso gli aspetti di più diretto interesse, ovviamente senza poter penetrare nella complessità della materia se non per rapidi flash.

Non abbiamo neppure noi questa ambizione, per cui ci limitiamo a sottolineare una serie di spunti sui quali va posto  maggiormente l’accento, anche  citando l’ interpretazione autentica dei  risultati della ricerca data dai vertici dell’Associazione che l’ha promossa  in una continuità meritoria nel tempo e nell’azione.

Gli aspetti e i risultati della ricerca sottolineati dalla presidenza di Civita

Al centro viene posta la tecnologia che con l’avvento della digitalizzazione ha fatto compiere passi da gigante alle imprese culturali e creative  trasformandone la catena del valore.  In pratica la rivoluzione digitale, con i suoi costi molto ridotti,  ha reso il destinatario dell’offerta  culturale soggetto attivo e non più passivo nel circuito di consumo con il maggiore accesso alle informazioni  favorendo la diffusione e la fruizione di quanto viene offerto.

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La  crisi che ha colpito fortemente l’economia ha investito anche le imprese culturali e le ha condizionate soprattutto in Italia più che negli altri paesi anche per la debolezza strutturale delle imprese del settore rispetto a quelle europee, come dimensioni e come produttività, dato preoccupante emerso dalla ricerca, che ne analizza le cause e propone rimedi.  

Ma c’è un altro aspetto, che possiamo chiamare peculiarità del nostro paese, nei suoi risvolti positivi e negativi a seconda dei punti di vista: la dimensione territoriale in cui si manifesta l’offerta turistica vede al primo posto le grandi aree metropolitane ma abbiamo anche una miriade di centri minori da valorizzare perché, a differenza di altre nazioni, possiedono le suscettività necessarie ma vanno rese competitive dando loro il supporto, oggi insostituibile, della tecnologia. Così ne parla il presidente di Civita Gianni Letta: “La messa a sistema di queste aree in un’offerta integrata  si realizza mediante le tecnologie informatiche utilizzate per  valorizzare l’offerta sui mercati nazionali e internazionali, connettendo gli aspetti paesaggistici con le tradizioni enogastronomiche, i prodotti dell’artigianato mediante applicazioni informatiche”.   L’intera economia, e non solo gli operatori turistici, ne riceve un forte impulso.

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D’altra parte, il  Piano strategico si basa su una concezione unitaria di turismo e cultura in una visione integrata tra ambiente naturale  e paesaggio, storia e tradizioni, patrimonio artistico e attrattività locali. Perciò occorre una promozione turistica che – secondo i due autori della relativa sezione, Pierluigi Momtalbano Francesco Palumbo – “deve mirare “in maniera crescente a ‘organizzare’ la cooperazione fra servizi e prodotti per ambiti geografici all’interno di un processo strategico teso a ‘posizionare’ la destinazione rispetto alla domanda in maniera coerente con  le caratteristiche intrinseche del territorio”.

In questa prospettiva, precisa Gianni  Letta, “servirebbe una visione capace di creare e  rafforzare nuove relazioni fra i diversi attori dello sviluppo – collettività sul territorio/ pubblico dei fruitori/ imprese pubbliche e private – sia in fase di programmazione e progettazione, sia in fase di realizzazione”.   Non si tratta di semplici propositi e tantomeno di mere affermazioni di principio.  Una recente iniziativa di Civita che ha aggregato una serie di società di servizi particolarmente avanzate su un progetto museale di “upgrading”  rivolto alla Gallerie Nazionali di Arte Antica di  Roma è un esempio operativo al riguardo, ne parleremo ancora più avanti.

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 Il rapporto pubblico-privato è stato sempre al centro dell’interesse di Emmanuele F. M. Emanuele nelle sue attività come presidente della Fondazione Roma, lo ribadisce come vice-presidente di Civita sottolineando in particolare ì’apporto del “terzo settore”: “E’ stato in molti casi l’intervento dei privati non profit  a donare alla collettività la possibilità di avere a disposizione un’offerta culturale  che prima era lontana fisicamente e culturalmente, che ha avvicinato la cultura alla collettività perché ha arricchito con conoscenze e creatività gli strumenti per la comunicazione della cultura che la tecnologia ha messo a disposizione”. 

Tutto ciò coinvolge il fattore umano  che torna ad essere centrale anche quando la spinta viene dalla innovazione, lo sottolinea in particolare Letta ricordando le parole di Steve Jobs sulle “cose meravigliose” che sanno fare le persone “se gli si danno gli strumenti”, cioè la tecnologia adeguata: “Le macchine  supportano, ma sono le conoscenze, l’intelligenza, il talento che danno loro la vita e determinano quella  creatività senza la quale l’innovazione non esiste”.  Anche qui non si tratta di affermazioni di principio ma di un imperativo: “Per questo, come non ci stancheremo mai di ripetere, abbiamo l’obbligo di far crescere la formazione”.

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Entrando nel merito dell’evoluzione in atto evidenziata dalla ricerca, si notano elementi positivi, come la tendenziale specializzazione e internazionalizzazione  con la conseguente capacità di creare maggior reddito ed occupazione soprattutto qualificata,  dato che si  accresce la platea dei fruitori dei prodotti e servizi offerti e il loro valore aggiunto.  Si ha poi un effetto moltiplicatore in quanto l’impulso espansivo si trasmette ai settori produttivi che li utilizzano come beni intermedi  e si avvalgono del loro maggior valore.E’ un aspetto questo particolarmente importante per l’Italia, come sottolinea Emanuele: “Le imprese legate alla bellezza, alla creatività e alla cultura materiale dei territori, insieme all’indotto che generano (turismo, enogastronomia, ecc.) costituiscono il principale se non unico  asset che possiamo mettere in campo per il complessivo sviluppo economico del paese. I processi di specializzazione e internazionalizzazione in atto rendono i prodotti di queste imprese ancora più strategici per la crescita e la competitività delle economie territoriali”.

Il ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, oltre al Piano strategico per il turismo, ha attivato una serie di iniziative promozionali, dedicando i singoli anni a una strategia  di sviluppo, dai “cammini” nel 2016 ai “borghi” nel 2017 al  “cibo”   nel 2018, sempre con attenzione ai territori,  fonte di attrazioni per le loro peculiarità, dalle bellezze naturali  all’accoglienza, dalle tradizioni ai tesori artistici disseminati  in un museo diffuso da valorizzare con interventi appropriati.

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 Ma come fanno gli altri paesi ad apparire più attrattivi pur non avendo il patrimonio ambientale, storico e artistico di cui dispone l’Italia?  La risposta sta in una parola, “innovazione”,  che da noi è stata insufficiente perché si è ritenuto che bastassero le dotazioni esistenti  tanto sono attraenti e superiori alla concorrenza, e si è sottovalutata l’importanza delle imprese operanti nel settore culturale e creativo.  Mentre tutto è cambiato, sia la produzione che il consumo di beni culturali legati alla creatività, ed è molto importante perché si lega al miglioramento della qualità della vita per la società e i singoli.

 Le quattro parti  della ricerca

La ricerca illustra i cambiamenti nei processi di produzione della cultura e nelle forme di consumo, in cui imprese e mercati si estendono a livello internazionale per l’aumento dei  fruitori e la creazione di network volti ad integrare funzionalmente produzione e consumo, pur separati nello spazio; e il consumatore finale assume un ruolo sempre più attivo, proattivo potremmo dire.

Entrando nello specifico, la prima parte della ricerca  inizia con la lunga crisi  che ha colpito il settore e con i processi di riorganizzazione messi in atto dalle imprese per fronteggiarla, in una visione comparativa  che ha evidenziato la debolezza dell’Italia nel contesto europeo.  “Tutte le analisi condotte – afferma il curatore della ricerca Pietro Antonio  Valentino e autore, con Fabrizio Gennari,  della prima parte di essa –  paiono confermare  che il processo di scomposizione e delocalizzazione delle fasi di produzione che si sta verificando nelle Imprese culturali e creative non si discosti in modo significativo da quanto già avvenuto per il manifatturiero e i servizi”, ma in “forme meno radicali'” date le loro caratteristiche.

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Nella seconda parte, a cura di Massimo Misiti, si analizzano i processi  determinati dal diffondersi del digitale che ha modificato sia i prodotti e servizi offerti dalle imprese culturali e creative, sia le modalità del consumo con particolare riguardo al fenomeno turistico, e quindi al turismo culturale.  Gli effetti non riguardano soltanto  i consumatori in essere ma anche quelli potenziali,  attivando nuovi segmenti di domanda e quindi allargando il mercato a chi prima ne era escluso.  Le innovazioni nell’offerta la rendono appetibile a chi ne era al di fuori per motivi culturali, e nel fruirla si avvale delle nuove tecnologie in una personalizzazione sempre più spinta.  Di qui la crescita dei flussi turistici se l’offerta è più attrattiva.

Con la terza parte, curata da Alfredo Valeri, dal mercato nella sue forme evolutive e nelle interrelazioni tra offerta e domanda, si passa alle imprese culturali e creative  e a quelle correlate per analizzarne  i rapporti con tali processi e con l’innovazione determinata dalla rivoluzione tecnologica.  Ebbene, è emerso “un ricco ‘basket’ di nuovi prodotti” i quali “potrebbero essere realizzati da imprese con ricorso a capitale di rischio”. Quindi  grandi opportunità di creazione di nuove imprese, tipo “start up” , anche nei comparti museali, dato che – afferma Valentino – “la rivoluzione tecnologica permette di scomporre il ciclo e estrarre prodotti marketable anche per le attività non profit dell’ICC “. Il “capitale umano imprenditivo e professionalizzato” è fondamentale in attività come queste non standardizzabili.

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La quarta parte  è dedicata all’approfondimento di queste tematiche, a partire dall’analisi sulla  diversità del turismo culturale prima e dopo l’avvento del digitale. Martha Friel e .Armando Perez  rivelano i cambiamenti nelle abitudini di consumo  con il rilievo crescente assunto dalle forme di vita locali nell’autodeterminare da parte del soggetto la propria esperienza turistica. Perciò, più che culturale, questo turismo viene definito creativo e gli vengono attribuite le maggiori possibilità di sviluppo e di impatto economico sul territorio.

Segue la valutazione del “Piano Strategico del Turismo (2017-22)”  da parte dei ricercatori sopra citati, i quali sottolineano  l’intento di  ridurre la polarizzazione turistica sulle località ben note, maggiormente attrattive, per valorizzare nuove destinazioni diffuse nel territorio le cui attrattive ambiental,i storiche e artistiche sono poco note  e possono invece essere valorizzate aprendone la  fruizione con le nuove tecnologie. A ciò si aggiunge la riorganizzazione del settore in collaborazione tra i soggetti pubblici e privati, e le istituzioni.L’apertura a nuove fasce di pubblico dell’offerta culturale porta, in definitiva,  alla crescita del “welfare civile”, per questo le Fondazioni bancarie vi si impegnano direttamente.

La ricerca si conclude  con la presentazione di alcune pratiche innovative messe in atto a questo fine, con impatto culturale e sociale.

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 Alcune conclusioni per il rilancio del settore culturale e creativo

I risultati delle quattro fasi della ricerca di cui abbiamo fornito lineamenti estremamente sommari vengono letti, dal curatore Valentino, in modo trasversale al fine di “comprendere quali sono le possibili traiettorie dei mutamenti in atto nel settore; quali gli attuali e potenziali benefici (o malefici) che ne possono scaturire per l’ICC e per le sue relazioni con l’esterno e specificamente con il turismo”.

Da questo importante  punto di vista appare fondamentale la “riorganizzazione dei cicli”  per effetto dei mutamenti nei processi di produzione indotti dalla rivoluzione digitale. Cambia il modo di produrre cultura, e come per i prodotti e servizi in generale, anche per quelli  culturali i processi vengono scomposti nelle fasi di pre-fabbricazione, fabbricazione  e post-fabbricazione con tendenza a delocalizzare la fabbricazione perché nella catena del valore diventa la fase con minore valore aggiunto.  “L’aspetto innovativo che l’indagine ha messo in evidenza è che l’insieme delle attività che compongono l’industria culturale e creativa potrebbero essere riorganizzate”. Come?  Sulla base dell’interconnessione “con i cicli di produzione di tutti quegli altri settori che le utilizzano come input  in un’unica “catena del valore” in parte virtuale.

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 “Questa  interconnessione, funzionale e non spaziale, non esclude la possibilità di delocalizzare quelle attività che sono culturalmente e  economicamente meno importanti”.  Infatti la “catena del valore” integrata “aiuta a individuare le ‘attività nodo’ del settore e organizzarle sulla base del valore aggiunto che producono. Evidentemente,  più elevato è il numero di  connessioni e il valore aggiunto prodotto da una ‘attività nodo’ e maggiore  sarà la sua rilevanza per lo sviluppo del settore e dell’economia complessiva”. In quest’ottica, proiettata a livello internazionale, vanno sviluppate le attività con un “vantaggio comprato”.

Gli scambi internazionali dei prodotti culturali  e creativi si sono accresciuti di molto con le nuove tecnologie, perché accanto ai beni finali  si è sviluppato un mercato di prodotti intermedi e servizi culturali connessi  che rappresentano input qualitativamente avanzati di altri processi produttivi in grado di  creare maggiore reddito ed occupazione.

Ma come si collega tutto questo con la dimensione territoriale di cui abbiamo sottolineato la rilevanza per il nostro paese dei mille campanili?  E’ un tema che la ricerca approfondisce in modo particolare, ne parleremo prossimamente.

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Info

“L’arte di produrre Arte. Competitività e innovazione nella Cultura e nel Turismo”, III Rapporto a cura di Pietro Antonio Valentino, Ricerche Civita, pp. 308, Marsilio Editore, novembre 2017.   Il secondo e ultimo articolo uscirà in questo sito  il 18 febbraio p, v. Cfr.  inoltre, sempre in questo sito, il nostro articolo  sul II Rapporto,“L’arte di produrre Arte. Imprese italiane del design a lavoro”, a cura di Pietro Antonio Valentino, 19 settembre 2014; e  i nostri 2 articoli sul “Soft Power”, dalla ricerca Civita di Giuliano da Empoli, il primo è uscito l’11 febbraio u. s., il secondo uscirà domani 15 febbraio.

Foto

Le immagini, salvo la prima che riproduce la copertina del libro, riproducono tabelle e grafici della 1° parte della ricerca, intitolata “I processi di internazionalizzazione delle industrie culturali e  creative”, di 142 pagine.

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