Friedller, il colore degli abissi, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Un’esposizione di  20 grandi dipinti molto colorati al Vittoriano, dal 9 novembre al 2 dicembre 2018, nella mostra “Behind the World”, di Julien Friedler, definito “pittore degli abissi”.  La mostra è a cura di Dominique Stella, organizzata da Arthemisia con Spirit of Boz – Julien Friedler, Association of Contempoirary Art.  Catalogo di La Route de la Soie Editions. L’artista belga ha esposto, oltre che in una ventina di mostre collettive,  in una trentina di mostre personali:  in Italia, a Milano e Torino, Genova e Venezia, Spoleto e Arezzo, Abano Terme e Bordighera, prima dell’attuale mostra a Roma; all’estero, a Bruxelles e Ostenda, Parigi e Marsiglia, Berlino e Monaco, Londra e New York. 

Le Totem et les deux chevaliers” , 2014

A prima vista sembra una contraddizione che il “pittore degli abissi”, secondo la definizione del curatore, li rappresenti con una sinfonia di colori invece che con le ombre cupe cui normalmente sono associati. Ma non si tratta di abissi marini, né di gole profonde, bensì dei recessi dell’anima, che l’artista cerca di esplorare calandosi nell’inconscio. E allora i colori esprimono le pulsioni e le sensazioni  che esplodono anche nei sogni spesso colorati e  in toni allucinati.

I viaggi nell’anima dell’artista psicanalista

L’artista va  oltre la rappresentazione di queste pulsioni, è impegnato nell’esplorarle direttamente  per la sua formazione da psicanalista, spinto anche dall’amore per la filosofia e dalla passione per i viaggi che lo ha portato in contatto con  tante diversità etniche e psicologiche.  E’ stato analista allievo di  Lacan convinto che le malattie psichiche nascessero da conflitti che possono essere sciolti con  la parola e l’analisi. Ha condotto delle ricerche in un istituto creato appositamente nel 1990, “Le Maire,  che fu sciolto dopo pochi anni, ma ha portato contributi nella psicanalisi. 

“Ecstasy” , 2014 

Il suo approccio da psicanalista si avverte nel  continuo interrogare l’anima “per tentare di comprendere i meccanismi  del pensiero, di percepire gli stati di coscienza,  e di vigilanza, cercando di decifrare l’impenetrabile enigma della vita”, come afferma il curatore Dominique Stella.

E non si impegna in questa esplorazione  soltanto individualmente, ma anche attraverso la sua associazione  “Spirit of Box” creata “per instaurare – praticando l’espressione orale, letteraria, pittorica  e creativa in generale – scambi e legami, costituendo così una comunità di pensieri e testimonianze su realtà individuali e collettive, provenienti da vari luoghi nel mondo”. Il lato individuale e quello collettivo  sono collegati in questo mondo interiore, l’obiettivo è “riconciliare azione e contemplazione, nell’intento di promuovere un pensiero umanistico e catartico”.  

“Corps & artefice”, 2018   

L’espressione pittorica è il risultato della meditazione individuale; ispirata dai viaggi nell’anima per penetrare i misteri dell’inconscio, e dai viaggi nel mondo per conoscere  culture e civiltà. Una introspezione riferita innanzitutto a se stesso e poi applicata agli altri per scoprire le motivazioni recondite: “Un viaggio per esplorare l’animo umano nella sua complessità atavica e universale”.   Vedere ciò che c’è “behind the World”, dietro al mondo, secondo il titolo della mostra.

Molteplicità, dunqued i motivi e le forme espressive, alla ricerca incessante di stimoli e impulsi. Ne è una prova tangibile l’installazione con una serie di 9 teste poggiate su alte colonne in uno spazio oscuro, è l’embrione iniziale della “Foresta delle anime” che sarà completata sulla base delle risposte a un questionario  preparato dall’artista nell’ambito dell’associazione “Spirit of Box”.  Il collettivo e l’individuale trovano così un modo di esprimersi ad un alto livello di creatività.

“Le Chute du Joker”, 2010 

La pittura della profondità

Abbiamo detto che gli abissi si riferiscono alla profondità della sua esplorazione. E’ una profondità che non fndere in basso, anche se riguarda i recessi dell’inconscio, dove si annidano “le connessioni segrete con l’invisibile”. Proprio perché invisibile e riguarda l’infinito e il divenire, va oltre la percezione e la comprensione, e porta alla trascendenza,a cui tende  l’artista. Il quale, anche nei confronti di ciò che è visibile, l’aspetto esteriore, si esprime così:  “La bellezza aspira certamente al sublime e alla contemplazione, ma la sua forza ci trascende”.

 “Pittura della profondità”, dunque,  i cui requisiti sono  scanditi in 10 punti così indicati: non si ispira al reale (materiale) ed è intuitiva e irrazionale; non obbedisce a canoni prefissati e comporta una parte di bellezza spontanea, a volte inquietante, comunque soggettiva; al di là della forma e della realtà, esprime l’impressione, l’atmosfera attraverso il colore, e rappresenta la visione oltre le apparenze; implica la libertà d’azione ed esplora il subconscio collettivo basandosi sulla meditazione e sul mistero; partecipa alla costruzione di un disegno universale ed entra in una dimensione infinita, in cui ogni opera del microcosmo soggettivo è come la tessera dell’unico mosaico del macrocosmo universale: “Un quadro in grado di ricomporsi  nella mente di tutti coloro che vi si dedicheranno”.

Le Maitre des couleurs”,  2017 

Non ci si affida alla ragione, anche se la pittura nasce dalla meditazione individuale, ci si immerge nel mistero, che supera  forme e convenzioni di qualsiasi tipo. “E’ qui che scopriamo la profondità dell’anima che, riflettendosi, si proietta sulle tele realizzate dall’artista”.  Guardiamole, dunque, queste tele con la base psicologica, filosofica e sociologica sopra delineata.

Figure iconiche e composizioni misteriose

Alcune immagini sono totemiche e nquietanti, una grande figura alta 2 metri che occupa il quadro, in acrilico su tela. Vediamo “Yama Macumba” e “Le Guerrier“, entrambi del 2010, sembrano proiettarsi in avanti rompendo un diaframma, esprimono angoscia ma anche ribellione; dello stesso periodo “Ecce Homo”, un Cristo tormentato, il corpo rosso acceso su un telo bianco.

Le Guerrier”, 2010 

Le “icone” più recenti sono “Le Phoenix”, 2016, la mitica fenice si staglia in un rosso acceso in un ambiente reso inquietante da teste allucinate, e  “L’Autre”, 2018, una sorta di  gigantesco fantasma che incede uscendo dall’ombra.

 “Le Clown Androgyne”, senza data, presenta la figura dall’ambigua sessualità che emerge dal buio; c’è poi un piccolo acrilico su carta, di 50 cm, “L’Aveugle”, il cieco ha le sembianze di Cristo. 

Altri  11 grandi dipinti sono senza una figura dominante chiaramente delineata, composizioni misteriose  che invitano a ricercare motivi comprensibili nel cromatismo estremamente variegato.  

“La Grotte aux resurrections” ,2015

La meno recente è “La Chute du Joker”, 2010, in effetti forse una figura è vagamente tratteggiata, il bianco al posto dell’eventuale volto potrebbe evocare la caduta del pagliaccio. ,  oltre non ci spingiamo.

Dei dipinti del 2014, “Totems” e  “Le Totem e les deux chevaliers”,  presentano delle sagome evocative, rosse il primo, di colore bianco e giallo il secondo, mentre “Ectasy II” è un tripudio di rossi, bianchi  e neri, forse l’efeftto dell’allucinogeno.

Si va sul sacro nel 2015, la trascendenza si esprime a livello religioso,  vediamo “La Grotte aux  résurrections”  e “Le Graal”, molto diversi, il primo intrigante con i suoi toni chiari che sembrano riflettere piccole figure, il secondo invece con forti tinte, tre sagome che richiamano quelle di “Le Totem e les deux chevaliers”. 

Ancora il sacro nel 2016 con “Crucifixion”, che potrebbe rientrare anche tra le figure iconiche, dato che l’immagine del crocifisso si intravede anche se appena delineata, ma non è dominante rispetto al dipinto 2 metri per 3; l’altro dipinto dello stesso anno, “22 marzo 2016”, è dedicato a un altro brutale sacrificio dei giorni nostri,  l’attentato dell’Isis all’aeroporto di Bruxelles e alla stazione della metropolitana nel giorni evocato nel titolo, con 32 morti, il colore rosso che sembra colare sul quadro richiama l’eccidio.    

“Ecce Homo”,  2009-10  

Dopo “Le Maitre des coleurs”, 2017), un intrico dal cromatismo delicato di filamenti con formazioni indistinte, siamo ai 2 più recenti, del 2018: “Corps & artifices” e “Ode sttanique”.  

Il primo con forme rosse al centro, che potrebbero essere corpi inquadrati in una sorta di cornice, intorno un intrico del tipo di quello precedente, forse a evocare gli artifici; il secondo  è quanto mai esplicito, figure sataniche di dimensioni diverse in un contesto nero da oltretomba.

Sono inquietanti le immagini, e in qualche caso anche i contenuti, ci si sente portati a interrogarsi. In psichiatria vengono impiegate le macchie di Rorschach per far emergere l’inconscio, le immagini di Friedler sono molto diverse, ma viene comunque una domanda: che la sua competenza di psicanalista abbia voluto creare dei nuovi test dell’anima moltiplicandone  le misure alla scala 3 metri per 2?  Si tratta di una domanda retorica a risposta negativa, ma abbiamo voluto formularla per esprimere anche questa sensazione procurata dalla vista dei dipinti, e non è poco.  

Le clown androgine”

Info

Complesso del Vittoriano, lato Fori Imperiali, Via San Pietro in carcere, ala Brasini, sala Giubileo, tel. 06.6789664. Tutti i giorni,  lunedì-giovedì ore 9,30-19,30, venerdì-sabato fino alle 22,30, domenica fino alle 20,30, entrata fino a 45 minuti dall’orario di chiusura. Ingresso gratuito. Catalogo  Julien Friedler, “Behind the World”, La Route de la Soie – Editions,  ottobre 2018, pp.  64, trilingue, italiano-francese-inglese, formato  21 x 21,   dal Catalogo  sono tratte le citazioni del testo. 

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Vittoriano alla rpesentazione della mostra, si ringrazia la direzione, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura.”Le Totem et les deux chevaliers” 2014; seguono, “Ecstasy”  2014, e “Corps & artefice” 2018; poi,  “Le Chute du Joker”b2010, e “Le Maitre des couleurs” 2’017; quindi. “Le Guerrier” 2010, e “La Grotte aux resurrections” 2015; inoltre, “Ecce Homo” 2009-10, e Le clown androgine”; in chiusura, “Yama Macumba” 2010.

“Yama Macumba”, 2010