I giovani e la cultura, 1. Identità e prospettive nell’XI Rapporto di Civita

di Romano Maria Levante

Nella sede della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea  il 4 aprile 2019 è stato presentato l’XI Rapporto di Civita intitolato “Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro”, con i risultati dell’indagine del Centro Studi “Gianfranco Imperatori” dell’Associazione Civita  in collaborazione con “Baba Consulting” sui giovani definiti “Millennials” distinti tra la  Generazione Y (anni 18-32) e la Generazione Z (anni 15-17). Ha introdotto l’incontro  il presidente di Civita Gianni Letta seguito dal Direttore Generale Musei del MiBAC Antonio Lampis, poi hanno parlato dei risultati generali della ricerca il Segretario Generale di Civita Nicola Maccanico e il Responsabile ricerche del Centro studi di Civita Alfredo Valeri; sono susseguiti gli interventi  su “Progettualità culturale tra innovazione e creatività”  e “Millenials sotto la lente” degli autori della ricerca e  di testimoni qualificati,  coordinati dal giornalista di Sky Francesco  Castelnuovo. L’XI Rapporto di Civita  è edito da Marsilio con  ll’associazione Civita.  

Il Presidente di Civita Gianni Letta apre il convegno sull’XI Rapporto dell’associazione

L’intervento di apertura del presidente Gianni Letta e quello del direttore generale Musei, Lampis 

Gianni Letta,  Presidente di Civita, si è posto innanzitutto il problema se doveva sentirsi fuori posto in una manifestazione imperniata esclusivamente sui giovani. Ha risposto con una metafora sull’esigenza di creare idonei collegamenti tra i giovani e quanto va mantenuto e valorizzato,  prendendo come esempio  la riorganizzazione della Galleria Nazionale operata dalla direttrice Cristina Collu in modo  moderno e innovativo. E’ stato definito di grande valore il nuovo allestimento delle sale all’insegna del “tempo sospeso”, ricomposto attraverso  relazioni appropriate e il gusto della  memoria accostando opere di epoche diverse per farle dialogare con assonanze e contrasti in un dialogo tra presente, passato e futuro che è la vera sostanza della cultura. L’edificio stesso,  che ospita la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, dalla precedente contemporaneità è stato riportato alla forma primitiva nello spirito di annodare il rapporto tra passato, presente e futuro anche per questa via, e Letta ha citato i simbolismi dei fregi esteriori, nel nome della bellezza, della forza e dell’amore.

In linea con la metafora della trasformazione della Galleria Nazionale rispetto all’inserimento della modernità giovanile nel substrato culturale sedimentato nel tempo, ha sottolineato che  l’XI Rapporto di Civita indaga sui giovani nel tempo digitale, analizzando il modo in cui possono vivere il tempo di oggi senza rinnegare la cultura del passato. E oggi tanti di loro hanno migliorato la propria condizione sotto l’incessante spinta della tecnologia che ha la forza di cambiare il mondo, ma  – ha insistito  citando le parole di Steve Jobs  il mitico fondatore di Apple  – la tecnologia non basta, è mossa dall’uomo, “le conoscenze, l’intelligenza, il talento”   alimentano “la creatività senza la quale l’innovazione non esiste”. E’ un convincimento molto radicato nel presidente Letta avendolo espresso anche riguardo al Rapporto di Civita del 2017 sulle “Industrie culturali e creative”, aggiungendo in questa occasione citazioni altrettanto eloquenti ad ulteriore conferma.  

Non si deve aver paura dell’intelligenza artificiale  se si è sostenuti dai valori antichi, “la tecnologia deve essere unita alle scienze  liberali e alle attività umanistiche. Le istituzioni devono operare in modo adeguato, anche con investimenti mirati, per avvicinare i giovani alla cultura e all’arte”. In questo modo, ha concluso, i giovani “possono essere sicuri di sapere dove vogliono andare, dove possono andare, come possono andare”.  


Gianni Letta  nel suo intervento

Un intervento appassionato e di sostanza,  molto di più del semplice saluto che figurava nel programma, è stata  la migliore apertura al convegno cui i successivi interventi hanno fatto più volte riferimento.

Vi si è riferito esplicitamente  il Direttore Generale  Musei del MiBAC  Antonio Lampis,  dopo aver citato  l’art. 9 della Costituzione secondo cui  “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.   

Le politiche culturali devono essere modificate profondamente per adeguarle alle istanze giovanili  creando “un ponte con le generazioni digitali”  e per avvicinarle ai luoghi della cultura con particolare riguardo ai Musei. Poi si è soffermato sulla riorganizzazione museale in atto con l’introduzione di innovazioni tecnologiche adeguate alle nuove politiche culturali volte a riorientare il modo di raccontare l’arte ai fini di una maggiore comprensione, per collegare domanda e offerta. La “digitalizzazione” dell’arte e della cultura renderà sempre “più fruibili i luoghi della cultura e i Musei ai giovani, con un linguaggio vicino a quello degli ‘iperconnessi'”.

L’Italia ha un patrimonio di 5000 Musei, con un fatturato di 37 miliardi di euro l’anno, accrescere l’interesse dei giovani darebbe risultati straordinari. Si avverte una maggiore attrazione per il pubblico dei Musei e lo si vede dall’aumentata  frequenza. I giovani  hanno maggiore capacità di comprendere l’arte e la cultura, ma occorre adeguarsi ai nuovi linguaggi che sono i loro  linguaggi; ci sono molti giovani preparati e interessati, si deve far leva sulle loro capacità ed energie.
  

La ricerca di Civita

Ha introdotto la ricerca di Civita Nicola Maccanico, Segretario generale dell’Associazione, sottolineando il radicale cambiamento in atto: nei tempi passati la cultura aveva un posto ben preciso, ora deve farsi strada in una società molto diversa, in cui si tende a collegare strettamente il sapere  alla professione. Invece il valore della cultura risiede nel fatto che è un substrato non collegato all’utilizzazione pratica.  Oggi sono venute meno tante certezze del passato, la stabilità che prima era la norma è diventata l’eccezione. Vanno avvicinati i giovani alla cultura nei modi più adeguati, e per renderla accessibile a loro la proposta culturale deve far leva su tre punti ben precisi: “il linguaggio, il luogo, il prezzo”.

 Il “linguaggio” deve essere  idoneo a coinvolgerli direttamente;  il “luogo” va identificato nel  “perimetro digitale” in cui connettersi,  con particolare riguardo ai “social network”, utilizzando formule apposite; il “prezzo”  va considerato come supporto finanziario e incentivazione, dato che  il fattore economico è la prima barriera non solo al consumo culturale ma anche alla produzione creativa dei giovani, che oltre a essere fruitori possono essere produttori di iniziative culturali. Ma non basta la disponibilità a queste esigenze, occorre un’azione mirata fatta di proposte  e progetti,da parte delle istituzioni,  che dovrebbero rivedere radicalmente l’offerta culturale ponendo alla loro portata linguaggio, luogo e prezzo.

Maccanico ha usato un tono manageriale riferendosi all’azione delle imprese che dovrebbe essere di esempio per le politiche culturali delle istituzioni, dato che considerano i “nativi digitali” come potenziali produttori  di innovazioni alla rierca di  sbocchi perché le idee si traducano in risultati economici. Quindi vanno considerati una risorsa nei due versanti di fruitori

culturali e di produttori creativi.  

Il Responsabile attività di ricerca del Centro studi “Gianfranco Imperatori”dell’Associazione, Alfredo Valeri,  ha riassunto le finalità dell’indagine e le caratteristiche della platea di giovani cui è  rivolta, con le loro motivazioni e posizioni rispetto alla cultura. I “Millenials”, della maggiore classe di età, sono compressi tra l’ambizione e la precarietà per le scarse prospettive di lavoro; mentre i più giovani, i “Centenians”,  sono “curiosi”, aperti a sperimentazioni  non solo per divertimento.  Sui valori di riferimento viene confermato il disinteresse, anzi la disaffezione per le istanze sociali e collettive, constatazione che a 50 anni dal ’68  rimarca la profondità del  cambiamento. Basti pensare che è la famiglia al primo posto nella socialità, seguita dalla cerchia di amici e dalle relazioni amorose, tutto collegato alla tradizione cui si associa un certo concetto di cultura.  

La sfida alle istituzioni  è “far percepire ai giovani, bombardati di esperienze sensoriali,  l’offerta culturale come sollecitazione sensoriale”, quindi usando il linguaggio adeguato nel luogo da loro prescelto. Una doppia indagine ha consentito di entrare in un mondo pressoché sconosciuto, a parte impressioni generiche e sensazioni superficiali, scandagliato nelle due classi di età distinte, tra 18 e 32 anni per la Generazione Y, tra i 15 e 17 anni per la Generazione Z. nell’insieme dai 15 ai 35 anni, una platea da  considerare pressoché  completa.   

La testimonianza del “Talent Garden”, dello scrittore, del “Digital Life Coach”

E’ stata svolta una  rilevazione campionaria di tipo quantitativo su 1000 individui con questionario  e  una  indagine qualitativa  su un campione ristretto interrogato direttamente.  Si sono ottenuti  elementi di prima mano su: identità e rappresentazione; valori e aspettative; significato e ruolo della cultura a livello personale e sociale; attitudine al consumo culturale e propensione alla produzione creativa.  

Valeri ha fornito definizioni  immaginifiche del tipo di quelle cui ci ha abituati da tempo immemorabile il Censis di De Rita. Nella “mappa con i quattro cluster” – così  il  rigoroso linguaggio tecnico anglofono di cui nella ricerca c’è un vasto campionario – sono stati collocati nei 4 quadranti del diagramma cartesiano i “custodi” e gli “artefici”, i “funamboli” e i “cercatori”,  nomi fantasiosi dati ai gruppi in cui sono ripartiti i giovani secondo gli atteggiamenti emersi più o meno avanzati verso la famiglia e il lavoro, l’amicizia e la salute, la libertà e il futuro, ecc.  

Per i “custodi”, della classe di età 25-32 anni,  cultura vuol dire accumulo di saperi tradizionali trasmessi di generazione in generazione; mentre per i giovanissimi, gli “artefici” di 15-17 anni, è l’opposto, esplorazione di proposte e soluzioni originali e personalizzate diverse dai  modelli precedenti, ma non in conflitto con loro. Per i “cercatori”, per lo più ragazze del Sud, la cultura si pone in un’altra dimensione, come risorsa per la propria affermazione e potenziale di crescita, in una situazione di instabilità e di attesa; l’opposto dei “funamboli”, giovani del Nord dediti al lavoro, per i quali la cultura è un insieme di conoscenze dinamico e aperto in equilibrio tra la tradizione e la sperimentazione innovativa.   

In complesso, comunque, pur con queste differenze, la cultura è vista  vicina al proprio mondo e nell’ambito delle proprie esperienze e conoscenze, siano esse acquisite o da acquisire. Anzi, il “vissuto culturale”, cioè la visita ai musei e monumenti, teatro, cinema e lettura, è ritenuto, da metà del campione, non solo gratificante ma anche in grado di arricchire la personalità migliorando la reputazione sociale e promuovendo la crescita professionale.

La maggiore responsabilità della formazione culturale viene data alla scuola e all’università, seguite dai media e Internet, cui viene attribuito un ruolo superiore, sia pure di poco, rispetto a famiglia e istituzioni. Coerentemente i maggiori canali informativi della cultura sono visti nel Web e nei social network.

Sorprende che mentre il cinema e i viaggi sono le attività culturali più praticate, seguono le visite ai musei e alle mostre, prima dei concerti e della musica, della lettura e del teatro; conferma l’importanza dell’azione in corso per la riorganizzazione dei musei in chiave moderna e avanzata, con  tecnologie digitali in grado di rendere l’offerta molto attraente per la domanda giovanile.

Ciò che allontana i giovani dai luoghi della cultura sono i costi e l’offerta inadeguata, soprattutto nei centri minori. Quella economica è una barriera anche per le loro produzioni creative, seguita dalla mancanza di luoghi adatti e di collegamenti con possibili partner, nonché di informazioni. I giovani ritengono che sarebbero utili laboratori pratici, tutorial e corsi; mentre per condividere i loro prodotti creativi si avvalgono dei social network, in primis Istagram, poi Facebook e WhatsApp.  

Progettualità culturale tra innovazione e creatività

Hanno poi parlato delle loro positive esperienze tre giovani che hanno intrapreso percorsi professionali inconsueti in campo culturale basati su una progettualità che si colloca tra innovazione  e creatività. Alberto Gardesio “Talent Garden”, Jacopo Barison scrittore, Jacopo Guedado Mede “Digital Life  Coach”. E’ stato un intermezzo molto significativo tra l’esposizione della caratteristiche del mondo giovanile risultanti dall’indagine e la parte propositiva che è seguita.

I tre giovani, sollecitati dal moderatore Castelnuovo,  sono stati un esempio delle nuove prospettive anche lavorative offerte dalle più avanzate tecnologie digitali, e sentire dalla loro voce il racconto delle rispettive  conquiste e il significato delle loro attività creative è stato un contatto vivo e diretto con una realtà molto attuale. Gianni Letta, con la sensibilità al fattore umano espressa anche nella sua introduzione, è andato poi a parlare con loro ai margini della sala per l’interesse suscitato dai loro racconti, e il vostro cronista indiscreto ha colto un “selfie” tra i tre e il Presidente, in carattere con il clima.

Sono seguiti gli interventi, a mo’ di tavola rotonda, di due operatrici culturali in  campi innovativi, Maria Cecilia Murgia,  Segretario Generale di Culturit Network e Lucia Rizzi, del progetto Alternanza Scuola Lavoro MAXXI A(R)T at Work, anche loro con insolite nuove vie professionali che hanno in comune la risposta all’esigenza di facilitare la transizione al lavoro.    

Una parte della sala durante il Convegno 

Mentre Lucia Rizzi ha affrontato il tema in termini di alternanza con  il riferimento diretto al MAXXI, la grande istituzione museale, espositiva e non solo, dell’arte contemporanea, Maria Cecilia Murgia ha presentato il network di studenti e professori, dal nome simbolico “culturit”, il suffisso “it” dei siti “on line”, quanto di più tecnologico e attuale, unito a “cultura”, quanto di più umanistico e tradizionale. Sono stati gli studenti a ideare questo strumento innovativo tanto che si definiscono “giovani imprenditori per la cultura”, in una imprenditorialità che nasce “dal basso”.

Come può “culturit” favorire la transizione al lavoro nel settore culturale e creativo in una fase di elevata disoccupazione giovanile? Mediante la raccolta di dati ed esperienze si individuano  le competenze  trasversali sviluppate da giovani qualificati  offrendo veri e propri progetti di consulenza per enti pubblici e privati e per le istituzioni, in cui i giovani lavorano durante il proprio percorso universitario. L’intento principale è ridurre il  “gap” tra scuola e lavoro, ma c’è anche l’ambizione di portare vitalità e nuove idee  in grado di valorizzare il patrimonio culturale italiano e metterlo in grado di creare reddito e occupazione, cosa che non avviene per l’attuale arretratezza. 

I  campi di intervento spaziano da quelli più strettamente culturali ai rapporti  con le municipalità in tema di arte  e spettacolo, in termini innovativi e imprenditoriali:  “I clienti vengono assistiti  secondo i principi di impatto e misurabilità, per incrementare  fruibilità, accessibilità, valorizzazione, attrattività  nel contesto del turismo e dei beni culturali”.

Anche l’organizzazione, impostata su criteri manageriali, con “piani strategici biennali” per verificare l’aderenza dei progetti specifici agli obiettivi, segue criteri innovativi: ognuno ha un ruolo ben preciso ma con una “visione ‘flat’ della gerarchia”, in una”leadership democratica”. Nata nel 2015,  ha 180 membri di diverse università per un approccio multidisciplinare, appoggiati da 55 professori e professionisti, i “Knowledge Partner” impegnati nei progetti e nella formazione in un continuo quanto proficuo dialogo e scambio generazionale che accresce la motivazione.   

Gli studenti che accedono al progetto lo fanno pensando che possa aiutarli “ad acquisire nuove competenze e a migliorare le proprie  abilità trasversali, ma anche ad ampliare la propria  rete di contatti”.  Un’apposita indagine interna non solo ha accertato tutto questo, ma ha anche verificato la risposta alle aspettative individuando le capacità migliorate e quelle su cui occorre lavorare  per accrescerle. Non solo capacità lavorative correnti, di livello per così dire esecutivo: “Infatti, più della metà  dei membri e di coloro che lo sono stati sente di aver migliorato la propria personale attitudine all’imprenditorialità”. E non è poco, pensando alle “start up” da creare in questo  terreno propizio.  

Il direttore della ricerca Alfredo Valeri ha sviluppato il tema “Progettualità culturale tra innovazione e creatività”, con  riferimento a “Innovazione culturale e progettualità giovanile”, facendo dei giovani il motore della progettualità culturale nel senso dell’innovazione, “elemento  imprescindibile per competere e creare valore”. Con i “social network” sono divenuti più labili i confini tra fruitori e produttori di cultura;  inoltre i nuovi linguaggi e le modalità inedite di produzione culturale  non vanno visti solo rispetto alla creatività personale dei singoli, ma in relazione ai più generali processi di cambiamento in atto nella società che vanno studiati e compresi. Per questo motivo la risposta sul piano culturale deve essere un “atto collettivo”, e il risultato “l’esito di un complesso processo di co-creazione, che coinvolge  flussi di conoscenza tra una molteplicità di attori, giovani e non giovani”; perché “innovazione sociale e culturale si mescolano, fino a rendersi sostanzialmente indistinguibili”.

E’ un programma velleitario?  Sembra di no,  il ricercatore nel prospettare la necessità di “ricercare nuove strade”, ha sostenuto che il lavoro culturale, come servizio per la comunità, “non può sottrarsi di rispondere a criteri di efficacia ed efficienza;  in definitiva, di sostenibilità”. E a questo riguardo ha avvertito: “Trovare le risorse necessarie per trasformare un’idea in un progetto concreto e individuare fonti costanti di remunerazione non è semplice, soprattutto in una stagione di crisi economica, ma questa attitudine distingue un imprenditore da un progettista”.  Per poi aggiungere:  “Il problema dell’innovazione sociale (ma anche di quella culturale) sta proprio lì”, nell’esistenza o meno dei  “componenti basilari dell’impresa, imprenditore, capitale, prodotto, mercato”. Quindi, ragionando in termini di  “impresa culturale”, non contano tanto le singole innovazioni, quanto la creazione del “contesto culturale, organizzativo, ambientale” in base al quale all’offerta geniale corrisponda una domanda con potere d’acquisto.    

Su questo terreno, mentre le istituzioni pubbliche sono latitanti,  si stanno realizzando  “dal basso”, per iniziativa soprattutto di  “under 35” , progetti di innovazione, spesso con risorse private di origine filantropica, che hanno la cultura non solo come obiettivo, ma come “fattore produttivo”. Nascono “piattaforme” e “network” con il contributo dei singoli intorno  a una visione comune. Anzi, nei territori sono nate “coalizioni locali che tentano di ricostruire su nuove basi le relazioni tra attori istituzionali”  cogliendo nello stesso tempo le spinte spontanee ben più inclusive del passato.

Il ricercatore è entrato ancora di più nel concreto descrivendo “alcune buone pratiche” che hanno come obiettivo l’audience development e l’empowerment culturale. Le  Fondazioni  bancarie con appositi bandi non rappresentano solo una fonte di finanziamento per  iniziative in essere, quanto  “un’occasione per innescare nuova progettualità”. Vengono citate la “Compagnia San Paolo”  per l’azione di “capacity building” nei riguardi dell’arte contemporanea e delle arti performative, la Fondazione Cariplo che premia idee innovative purché siano “utili, sostenibili e replicabili”, la Fondazione Unipolis per l’abilitazione di “progetti che producono inclusione e coesione sociale”.

Così si è passati dalla ricognizione conoscitiva sul mondo dei giovani a pratiche effettive. Ma i “Millenials” vengono visti ancora “sotto la lente”, rispetto alle potenzialità della “social community” e all’interesse che suscitano per il “marketing” delle imprese sempre più impegnate nella ricerca dei modi con cui penetrare nel loro mondo. Ne daremo conto prossimamente sulla base delle relazioni dei ricercatori. Fino alle proposte conclusive di Civita, essenziali e concrete.   

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, viale delle Belle Arti, 131, Roma,  tel. 06.32298221. Il secondo e ultimo articolo uscirà in questo sito il  15 aprile 2019.  “Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro”, XI Rapporto Civita, Marsilio-Associazione Civita, dicembre 2018, pp. 174, formato 24 x 21. Per convegni precedenti di Civita in materia culturale cfr. i nostri articoli:  in questo sito, sul “WeAct per le Gallerie Nazionali d’Arte Antica” 20 dicembre 2018, sulla “Cultura come diritto di cittadinaza”  20 e 25 ottobre 2018, sulle “Imprese culturali e creative”  14, 18 febbraio 2018 e 19 settembre 2014, sul “Soft Power”  11 e 15 febbraio 2018, sulla “Via Francigena”  19 luglio 2018, 18 giugno 2017, 29 agosto 2015, 19 luglio 2014, sul salvataggio di “Civita di Bagnoregio”  20 giugno e 9 luglio 2015, sugli “Itinerari consolari” 16 marzo 2013, sui “Tesori della provincia di Roma” 29 luglio 2013; inoltre, in www.archeorivista.it, sull’ “Archeologia e il suo pubblico” 26 febbraio 2010, e  in cultura.inabruzzo.it, “Appello contro la recessione culturale” 15 luglio 2010,  le “Domus di Palazzo Valemtini”  3 dicembre 2009, “Arte, cultura, territorio” 3 novembre 2009,  la “Via Francigena”  5 ottobre 2009, l'”Hotel della cultura” 17 settembre 2009 (tali siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito). 

Foto 

Le immagini del Convegno sono state riprese da Romano Maria Levante alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea; sono intervallate a riproduzioni di illustrazioni e grafici contenuti nell’XI Rapporto di Civita, si ringraziano le direzioni della Galleria Nazionale e di Civita per l’opportunità offerta. In apertura, il Presidente di Civita Gianni Letta apre il convegno sull’XI Rapporto dell’associazione; nella 2^ immagine Gianni Letta  nel suo intervento; nella  5^ immagine la testimonianza del “Talent Garden”, dello scrittore, del “Digital Life Coach”; nell’8^ immagine una parte della sala durante il Convegno; in chiusura,  la copertina dell’XI rapporto di Civita.  Tra le immagini del Convegno, 4 illustrazioni e 3 grafici dell’XI Rapporto di Civita. 


La copertina dell’XI Rapporto di Civita